Archive for Settembre, 2022


Oggi compio 50 anni e questo post è completamente plagiato ordunque ispirato da quello scritto esattamente 10 anni fa a quest’ora (più o meno: ma cosa è un più o meno in faccia a un mezzo secolo? A pensarci trasecolo). Ancora infatti pur oramai disancorato avviato in alto ed altro mare, nel mio rinnovato ribadito sbiadito modo di non credere a nulla, credo ci siano cose simboliche, date sicuramente (e/o restituite: male, più che mai).
Oggi 29 settembre è di fatto necessario considerarla una di quelle, perché transeat per i giochi di parole 40 = forty = forti (sensazioni), o i quadratini deliranti di un anno fa (che però ho opportunamente aggiornato), la ricerca degli scontrini dei non dico 49 precedenti ma quasi, ma qua spacchiamo fifty fifty il secolo breve, precisi e secchi come solo l’orrore di guardare in faccia l’errore (e viceversa) prima di ridere di sgusto potrebbe fare. Non so se il tempo mi darà tempo di cambiare idea, e francamente non mi interessa quasi più,
all’età
(di cui ognuno è figlio. e al tempo stesso padre e madre. e anche sorella e fratello. e così, come in una messa, messi tutti).

E sia.

Ciò su cui non cambio idea – è matematico e pertanto lo ricopio identico –
è la convinzione che tutto questo non valga la pena,
né per me né per nessun altro.
In questa mia certezza mi ritrovo solo (non più tanto, invero. e non so se sia un bene o un male. intendo per colui il quale), benché la convinzione sia di caratura ontologica (non strettamente personale, anche perché, specie negli ultimi anni, di strada se n’è fatta assai)

Pure, essendoci mio malgrado (forse…!) e – lo ripeto: se potessi scegliere, anzi – paradosso – : se avessi potuto scegliere, avrei scelto di non nascere –
gioco il gioco che il simbolo richiede
ed elenco quelle che sono (qui il plagio si incrina un po’)
le cose (generico: 10 non ce le trovo) per le
quali varrebbe la pena vivere
se veramente valesse la pena vivere.

Metto ciò che resta:

la musica sì (la canzone è DATA)

il pollo sì (la foto è DARIA)

il bere (che stava inopinatamente nel commento e non nel post orginale) sì (la foto è TRINITATA)

il tramonto – ma giusto per come lo descrissi (e infatti non metto la foto, lascio l’immaginario)

e Praga in senso scaramantico sperando di rivederla, anche se i miei schemi numerici sono saltati per aria, gli incastri i desideri e le magie: tutto polverizzato.

il restante è di contorno (fatti salvi i miei capisaldi letterari che non elencherò, perché li so).

Lo scandalo è la sparizione del Napoli. Quando scrissi quel post, se fossero venuti da me queruli e questuanti tutti i me di un futuro cominciato da qualche anno (due o tre) a scandalizzarsi che 10 anni dopo non ci sarebbe stato, li avrei rispediti al mittente, argomentandone con un cenno della mano inequivocabile l’impossibilità. Inequivocabile tanto il cenno quanto l’impossibilità. Che poi come si vede non esiste, al limite l’improbabilità. Che poi come si vede non era potenzialmente tale, nella tremenda fattispecie.

Le altre rimasuglie sono spunti. Le aggiunte o le varianti, transeunti. Ma attenzione: io non dimentico. Ho così cari i miei sterminati ricordi che nessuno è riuscito a sterminarmeli, di persone, amori, momenti, situazioni, illusioni, circostanze fantastiche e straordinarie. Ma qui si sta filosofeggiando su un apriori e, ad esso connesso, su una ipotetica. Quindi non sporco nemmeno di striscio le mie memorie, che pure non torneranno più.  
E ci credo
.

Abbrevio così: sto viaggiando al tramonto (verso la costiera? verso casa?), mi attende un negroni, un pollo ed una birra, e sto ascoltando la radio (anagramma di dario) in macchina.

Le sensazioni forti, quelle intense e brevissime, di cui lì scrivevo, e che oggi vivo a tratti assai tenui, hanno sostituito le emozioni di un tempo. Ammesso che non fossero lo stesso fenomeno, racchiuse complete in uno stesso complesso e compresso noumeno.

Mi piace ancora scrivere, ma non so se mi ritroverai ancora qui tra 10 anni.
Ascolta però: sai come pronuncia un mezzo bleso al secolo (mezzo) zeppolaro le parole seguenti?

RE-fifti ed IN-fifti.
IN-fifty e RE-fifti.

REfifti ed INfifti.
L’autoaugurale mia genialità sta tutta qua.

Buon mezzosecolo mezzasega VecchioleviadORO!

(preambolo:
alle 14.21, in fuga dalla fatica, Laura mi chiese/scrisse: “Te l’ho mai raccontato il mio primo bacio”?
Risposi: “spara”!
L.: “A proposito di scappare. Ero fidanzata, ma a mia insaputa. Era San Valentino, ma ero all’oscuro anche di quello. E niente quel povero Dario (… Ebbene, sì) mi mise in mano sto pacchettino e mi baciò. A ME. CON LA LINGUA. E scappai. Cioè proprio mi girai e mi misi a correre modello corri Forrest, corri. Però più forte”.
L.: “Se mi racconti il tuo lo trovo quando arrivo a casa”
D.: “provvedo, sperando di non essere troppo prolisso come di consueto”.
L.: “A me prolisso piaci”
D.: “Peggio per te, sarò prolississimo”

Intanto, Laura non mi ha ancora detto cosa ci fosse in quel pacchettino. Aspetterò: ha tempo un mese, perché curiosamente esattamente tra un mese (per la precisione il 21 ottobre) saranno passati 25 anni da un altro primo bacio. Nel mio pacchettino odierno c’è questo racconto, con tanto di implicita dedica. E sia!


Premessa (d’obbligo): a metà anni ’80, in un’estate a Palinuro io, Sandro e Marco eravamo innamorati della stessa ragazza, che si chiamava (e si chiama tutt’ora) Mariella Ricciardi. chiaramente lei scelse il più grande tra noi.

Anno successivo, primo di liceo, primo giorno di scuola, appello. anatella, blablabla, coppola, de maio, eccetera, marino francesco, marino luigi, pelliccia dario, …. ricciardi mariella! Ovviamente non era la stessa dell’anno precedente, ma ovviamente io mi innamorai lo stesso e di nuovo, questa volta sulla parola.

La corteggiai spietatamente per 4 mesi a modo mio, cioè ignorandola. A fine gennaio mariella capitolò, un sabato che stava seduta esattamente davanti a me, io le lanciavo le palline di carta (…), lei provava a schiaffeggiarmi pur dandomi le spalle, ed alla fine le mie mani cartucciate e le sue schiaffovolteggianti si incontrarono. e restammo tipo 4 ore mano nella mano mentre lei guardava la lavagna ed io un punto imprecisato del mondo. soprattutto perché lei mi faceva dei giochi assai strani nel palmo della mano con sue le dita affusolate. palmo e cardiopalmo.

Uscimmo di scuola senza dire una parola. poi lei si impose e tuonò: ora mi accompagni a casa con l’autobus! io non dissi niente, non capivo niente, non avevo una precisa idea di cosa mi sarebbe accaduto nel futuro più prossimo: uno schermo nero davanti agli occhi. appena salimmo sull’autobus mi prese per mano, mi portò in fondo e …. Bam! mi infilò la lingua in bocca senza ritegno per tutto il tratto Cavour – Piazza Carlo III. Apersi gli occhi in un solo breve frangente (o sarebbe più corretto dire in una sòla occasione!) per vedere se il mondo esisteva ancora, ed incrociai lo sguardo di marino luigi che era sullo stesso bus e che mi aveva confidato tempo addietro che era innamorato di lei. Decisi che era meglio tenere gli occhi chiusi.

Infine, scendemmo a Piazza Carlo III e lei se ne andò a piedi a casa senza aggiungere altro: in tutti i sensi lingua tacque. io non sapevo, di preciso, dove fossi e come mai potessi tornare a casa, mi incamminai a caso e fraastornato per vie a me sconosciute ed infine, ad oggi ancora non sapendo bene come, giunsi alla magione a piedi (ovvero sulle ali del turbamento estremo).

il pomeriggio andai da Marco a raccontargli tutto come una sorta di rivincita: avevo anche io la mia mariella ricciardi! Marco fece una sola considerazione: che la lingua in bocca era una cosa vomitevole. Così cambiai argomento.

…. Questa è la storia del mio primo bacio: ma il megliopeggio doveva ancora venire. Con Mariella, ci rivedemmo il lunedì a scuola. e restammo senza guardarci e senza parlarci per le prime 4 ore di lezione. Ma al momento dell’intervallo, quando tutti i nostri compagni uscirono fuori a scorazzare per i corridoi, lei tornò da me e mi ricacciò la lingua in gola.

In quel frangente, una professoressa di un’altra sezione, passando fuori la porta della classe, vide la scena e – lanciando un urlo tarzanesco – ci prese e ci trascinò dal preside.

Un giorno di sospensione. Oggi, per molto meno, si finisce in tv o si diventa influencer.

Uscito di scuola, meditai a lungo su come suicidarmi, se sperdermi per le vie del mondo e morire di stenti oppure lanciarmi sotto la metropolitana. Mi decisi per questa seconda opzione, perché avevo l’abbonamento: mi sembrava una cosa più romantica.

Eppur non mi ammazzai: tornai a casa e decisi di confessare il crimine a mia madre. Qui, a sorpresa, accadde una cosa del tutto imprevista ed imprevedibile agli occhi della mia coscienza sporca e funestata dagli eventi: che stranamente mia madre non mi condannò, ed anzi mi assolse con formula piena. Inoltre, avrebbe spiegato tutto lei a papà.

Così decisi di non suicidarmi più.

il giorno appresso papà mi accompagnò dal preside senza dire una parola, da casa a macchina a foria al liceo. Vagamente grugniva: non se fosse per disappunto o malcelato orgoglio. (oggi mi sono dato la risposta più dolce). Mariella invece venne col fratello – la vigliacca! il preside ci rimandò in classe con tono severo, e da quel momento io e mariella non ci rivolgemmo più sguardi né verbi, né tantomeno una lingua.

Il sabato successivo, in gita ad un circo, mentre ammiravo i volteggi dei pagliacci, vidi mariella infilare la lingua in bocca ad un mio compagno di classe: marino. Ma non marino luigi, il primo innamorato deluso: bensì marino francesco, che peraltro era molto più alto di luigi, e di me – va da sé.

Fu là, in quell’istante, che capii che il pagliaccio ero stato io.

e che il mio primo bacio era andato per sempre a puttane.


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente voluto, in quanto vero.

Vecchioleviatano 2022

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