Category: Fine Anno Leviatano


2023

“son quelle cose dette senza pensare e che, anzi, vanno dette proprio perché non vengono pensate, anche perché se le pensassi davvero non le diresti mai e anzi, probabilmente, non è che non le diresti seppur pensandole, ma più semplicemente non le penseresti neanche, non le pensi neanche. Le dici solamente. E a volte le scrivi”.

 

quest’anno ho vinto lo scudetto

e perso il ben dell’intelletto

nelle troppo spesse rese dei conti a letto

mi resi conto di quanto spesso ho detto

perché del resto niente ho scritto

nessuno scatto e un passo sciatto

pensato troppo e pianto oltre

nel malinconico vuoto circolare.

Ma: non tutto è da buttare.

Salvo – non come escluso ma il suo opposto:

un video, una foto una sedia ed una radio

una curva al tramonto una bandiera volata da irreale corridoio

una moneta e una scatoletta piena di sogni

di mio padre e mio fratello tutto intenso vero e bello.

d’altro taccio che ho smarrito il tocco.

Pure: fui quel che fui e sono ciò che so

e so che ancora sono ciò che fui

anche non trovandomi, e vano riprovandoci

riprovevole dimenticandomi.

Ma va bene così: perché un giorno ci riderò

– amaro: il riso ma non quel dì

quando il senso mi ridarò

che sarà allora che capirò

il pensiero muto che lascio qui.

 

“dalla terrestre volta, per ancora una volta: io travolto volto il volto”.

Le parole dette nascondono una sola, grande, inconfutabile verità: espressa e manifesta in tutte le altre parole, quelle non dette.
Quando succede che i morti ti siano più di compagnia dei vivi, diventa quasi sensato assumere per dato quel paradosso che forse tale non è.

Troppo dentro e fin oltre l’umano per essere condiviso da un altro essere Umano.

TU  (01 gennaio 2022)

Tu ti devi mettere in testa

che tutti i tuoi lamenti e le tue contraddizioni
che tutte le tue presuntuose autocelebrazioni
che tutte le tue monotone noiose ripetizioni

tu devi metterti in testa

che tutti i tuoi cambi di umore
che tutti i tuoi slanci di immotivato amore
che tutte le tue speranze illusorie
che tutti i tuoi rovesciamenti del gioco degli opposti

tu ti devi mettere in testa

che tutte le fottute cose che pensi
che tutte le fottute cose che fai o non fai
che dici o non dici
i tuoi silenzi o i tuoi malumori o i tuoi tormenti
o recitare il gioco dei vincenti o dei perdenti

tu ti devi mettere in testa

che tutto questo sei tu
e ti devi mettere in testa che non cambierai mai
o non più

e tu devi metterti in testa

che la festa è tutta qui
e che tutto questo lo devi accettare

tu ti devi mettere in testa che tutto quello che di giusto o sbagliato
tu possa pensare di te stesso, cambiando continuamente giudizio e capoverso

tu devi metterti in testa che va bene così

e ti devi mettere in testa che comunque sia lo devi accettare
ed in ultimo, perché potrei continuare in modo sterminato
e sterminare le tue palle, come tu fai con me
con tutto ciò che penso di te, che pensi di te

tu ti devi mettere in testa

che se anche non accetterai di mettertelo in testa
anche questo non accettarlo farà parte del tuo modo di essere
di quello che sei
che non cambierà mai,
o non più

perché questo sei tu

e quindi anche se deciderai di non mettertelo in testa
devi accettare che questa rifiuto fa parte semplicemente
del tutto che tu sei, e che dal tuo cerchio non ci esci mai
e quindi anche se deciderai di non volertelo mettere nella testa
in realtà ci sta già, ci sei già.

e quindi tu ti devi mettere in testa
tu in testa
e dietro il tutto tanto o poco che resta.
———————————————————————————————————————————-

…e quel tutto, tanto o poco che sia, è molto semplice da percorrere come via

fare il bilancio: pesa
fare i piani: stanca

quindi non cambio una virgola, forse due, di quanto scritto 365 giorni fa: inizio e fine coincidono, devono.
perché questo è il peso del mondo che stanca,
di stanza dentro.

E tu, hai tu forse paura del buio?
Allora stacca la mano dall’aria che contrasta quel peso d’immondo
e intreccia la mia, un’ultima volta, per un secondo.

Buon anno, Vecchioleviatano.


Tutte le cose che avevo bisogno di scrivere, molte le ho scritte.
Poche delle cose che avevo voglia di dire, qualcuna l’ho detta.
Molti dei troppi pensieri che non sono riuscito a non pensare, alcuni ho provato a finger dimenticarli.
Qui oggi non c’è la mia poesia, né il film fotografato e musicato di un anno della vita mia.
Comunque tu lo voglia accarezzare per un istante: basta così.

Non di meno di me non dimentico che
non sia se, ma sia quando – da bere mi verso
pare vero che tutto mi appare diverso
fu così che da serio trasfor-matto mi avverto
ed è qui che comincia il mio verso.

che attraverso lo spazio si avventura nel vento
mentre il tempo si fa controverso
si ripiega di sfera a se stesso
e da un punto di me vado oltre e ci resto
ma mi sposto più lesto e mi do pure il resto
ci divento di spirito alcolico puro
di converso mi riverso mi denudo e rivesto
lo riverso dal mai del mio dentro estroflesso
tutto quello che ho vinto ed ho perso
e i dolori per gioco si fanno colori
e il bicchiere è il mio specchio di fuori.

questo è il corso
un percorso perenne necessario per-verso.

Tutto questo sono io: lo confesso
vostro onore arrestatemi pure
ciò che resta – a voi lo dico – porta al puro di me:
Tutto questo è per TE.

Manifesto numero uno:

“mentre giorno per giorno, anno per anno, continuavo a domandarmi cosa potessi e volessi mai fare da adulto, la mia vita adulta avanzò, mi raggiunse e mi superò, quasi senza che io me ne rendessi conto. A quel punto, più giovane di essa, la scelta su cosa fare ed essere mi si impose quasi naturale”.

Manifesto numero due:

“il peso dei miei pensieri, punto. quante volte ho desiderato non pensare a nulla, i momenti di massima gioia e di massimo dolore: fermare la pesantezza del vorticare dei miei pensieri, penso.
Penso: sono miei pensieri, il frutto del mio pensare, dipendono da me, posso fermarli, cessarli. Posso smettere di pensare.
E: se non ci riesco, e se i miei pensieri procedono oltre me, oltre la mia volontà, pensieri che prescindono da me, tutt’intorno a me, se ne fregano di me, e beh: allora, vuol dire che non sono loro i miei pensieri, ma che sono io i loro pensieri. Ripeto: sono io i loro pensieri, non loro i miei pensieri. Problema superato, problema ribaltato su di essi. Almeno credo.
Almeno questo è il mio pensiero”.

Manifesto numero 3:

“Per me, parlare delle parole con le parole, è come per i greci quando parlavano degli dei”.

Sintesi finale:

Sono passato da un palindromo all’altro: “o ira di dario” si è trasformato ne: “i re di sé: desideri”.
Era solamente la stessa cosa: io parlo solo quando scrivo. Fattene una ragione. O fattene un torto.

O metti una virgola. Ma non omettere l’amore:

Mi ero illuso di non avere più paure, ma era solo la paura di non avere più illusioni.

Buon anno

Usate fino all’usura
mai rese al mio usuraio
ma assorbite fino all’arsura
come sale fino su lingua:

parole

anagrammo e le apro
per guardarmi dentro
rianagrammo e le paro
ma mi segnano dentro:
in vantaggio le preparo
poi fuggendole tal che paro lepre:
che traduco me stesso
solamente tradendo
sol traendo da mente
una nuova illusione.

Anno passato a scrivere:
poesie racconti
aforismi resoconti
testamenti proponimenti
menzogne infingimenti
confessioni riflessioni
liste di spesa
viste di sposa
castelli in aria
soggetti in acqua
film sulla sabbia
lettere rabbia
satire a fuoco
ode all’amico
retoriche pletoriche
armoniche distoniche
ieratiche stilistiche
plastiche mistiche
perdenti cioè mastiche
slegate con il mastice

parole svelate
e parole coperte
da farci un po’ caldo
quando solo a me saldo.

Stanco

devo fare il bilancio perché son bilancia
me che non cerco oroscopo
e non scopro ora
che lo scopo è l’orale
che scritto si imprime
per imprinting universale
cioè mio personale.

Finale:

tutte le mie
parole
per magia
riunite
in un solo pensiero
questo (tuo)
di chi legge
ora qui

è la mia legge
è già leggenda
e finchè regge
è leggenDario

IMG_1820

Non riuscirò a far salire la temperatura dell’acqua
della vasca da bagno
fino al punto da costringermi ad uscirvi prima delle ustioni
vincendo il freddo del fuori
e non ci riuscirò
perché i miei pensieri sono più veloci
dell’acqua che scorre
e molto più freddi
e questo in un certo modo riconduce il tutto ad una specie di equilibrio
cosmico globale
ed io, appartenendovi
potrei logicamente beneficiare di questo equo principio fisico
ma cado
dentro la vasca
dei miei pensieri

e non ne uscirò.

il mio solito diavolo custode
lungo il corso
recitò una filastrocca assai stupidella
sul 2016
con i soliti giochi di parole
una cosa del tipo
“se dici”
– sedici –
dici
“se”
al tuo sé
un anno cioè
pieno di sedicenti dubbi

al diavolo custode
diavolo! – muto esclamai
sediziosa quest’ode – canzonai
il diavolo
volò
si ch’era un angelo –

pensai.

davanti allo specchio
la disperazione è solo assenza di speranza
quindi a suo modo benevola:
un sorriso lungo un attimo
che varrebbe un intero anno
è un piacevole inganno
la riflessione fu un’illuminazione
mentire a se stessi è possibile

non lo spero ma lo specchio

per lungo tempo ho creduto
che arrivare a me stesso
significasse approdare alla terra promessa
dopo un lungo peregrinare
per mare

ed invece la storia
era il suo esatto opposto
il mio posto era giusto
in quel costante naufragare
e quel mio stolto errare
sia vagare o sbagliare
era solo dovuto
a un errore nella lettura delle istruzioni
fatali distrazioni
e conseguente distruzione
di illusioni.

e alla fine quando acqua, dubbi, angeli, specchi, naufraghi ed errori
si riunirono (questo accadde nella vita successiva)
il me che venne, alla ricerca delle nostre
precedenti infinite esistenze
digitò la parola chiave
nel motore “dio ricerca”
per scovare nell’universo della rete
tracce a(na)tomiche di entrambi moltiplicati per enne.

Poiché la memoria affievolisce
più e più
cercala anche tu
la mia singolarità
in un punto preciso
della foto lassù.

Stanotte mentre dormivo
le mie parole mi han telefonato
per chiedere se ci fosse
qualcosa di sbagliato:
se dovessero temere
il mio assordante silenzio
più che le mie
– quindi Loro –
non tenere parole

In quel momento ho compreso
che tutto è in me compreso
nel senso: compresso al punto che
si ignori o si comprenda
pur complesso
comunque c’è

Comunicazione avviata
senza fiatare:
con tale fare
ho messo a stendere
quel presunto vociare
su questa musica
rubatami dall’anima
in piena notte
di luna piena

Tutto è successo
come fosse una fiaba:
c’era una volta…
Ed in quell’istante
la volta è diventata celeste
si è illuminata
come la pila di volta

E questa mia condotta
è stata la chiave di volta
per ricondurre
a letto
le mie parole

Più mute di me
con im-mutato affetto

Un sogno perfetto.

Ogni anno mi chiedo
cosa mai mi dirò
a fine mese di fine anno solido
cioè spesso, ma non il solito
Seduto come fossi il presidente
di una repubblica assai privata
con un unico re
Me
senza poderi.

è che si giunge ad
un tale livello di pensieri
insostenibili, insopprimibili, inesauribili
ad una dimensione dello spirito
senza soste senza sintesi senza sonno
che la scelta
la sola
da fare
è imposta
come una tassa da pagare
a quel re
che ti apre la porta
e ti porta via tutto.

Allora ecco: la mancanza di parole
diventa una difesa apparente
contro il timore
o la speranza
che quelle parole non siano mai
comprese
dagli altri.

La bellezza di un momento
pieno di tutto e di nulla
sta in ciò:
non devi fare
non devi comunicare
non c’è più niente da capire

Devi conoscerlo
e basta

Un altro anno è passato
e non ho ancora imparato
ad insegnare a chi non vuol capire
che un anno o forse venti
passa tutti i giorni santi

In questo anno non ho imparato ancora
a crescere i miei figli viziati
né a ritenere la razza umana superiore
a tutte le specie viventi
e ancora non ho imparato a considerare
competizione e concorrenza
come base della sopravvivenza

Non ho imparato ancora
a vincere uno scudetto
né a perdere le mie illusioni
mentre ridacchiando risalgo quei gradoni

Non ho imparato ancora a sposarmi con tutte le dive
né a considerare distruttive
le dolci abitudini
del quotidiano accasarmi
e non ho imparato – meschino
a fare i conti senza l’oste
e quindi a preferire senza soste l’ostia al vino

Non ho imparato a telefonare agli affetti di anni
e nemmeno a far mancar loro un pensiero d’oro
nelle mie notti insonni

Non ho imparato ancora a suonare uno strumento
né ad apprezzare oltre modo e senza fiatare, un silenzio
non ho imparato a pensarmi al centro del mondo in un social contenitore
né a disprezzare le mie visioni solitarie di piacere

In quest’anno ancora non ho imparato
a guardare l’altro occhio nell’occhio
né ad essere solo me stesso
quando mi parla come allo specchio

Non ho imparato ancora
a condannarmi del tutto
né a capire se c’è un momento
in cui l’altro fa a se stesso un processo

Non ho imparato ancora ad amare
nel modo che, dice, s’ha da fare
le cose dolci e quelle più amare
mi rendono isola in mezzo al mare
né il compromesso ho imparato ancora
che non mi pianga e mi faccia urlare

In questo anno non ho imparato
minimamente a dimenticare
lasciare morire lasciar cadere
famoso oblìo di menti  care

non ho imparato a giocare a poker
né a non bleffare nel mio reale
non ho imparato a svelar segreti
inconfessati violenti e lieti

e quante cose non ho imparato
che sia distinguere Klimt o Schiele
capolavori da spazzatura
seriosità o caricatura
la tolleranza e l’insofferenza
il cibo sano dalla schifezza
la forza sana e la debolezza
non ho imparato a non mentire
né a dimostrare troppa schiettezza
odiar retorica e scriverne a fiumi
e non ho imparato a non convertire
il mio pensiero in parole inutili
per tutti gli anni dario-campati
son stato il re dei disimparati

In questo anno che va a finire
la sola cosa che ho ben compreso
non imparando un mucchio di vite
è che non si finisce mai di ignorare
e proseguendo su questa strada
il mio cammino non può aver limite

Dedicata sinceramente e totalmente a tutte le persone che mi vogliono bene. 

VecchioLeviatano 2013

 

Powered by WordPress. Theme: Motion by 85ideas. .