Manifesto numero uno:

“mentre giorno per giorno, anno per anno, continuavo a domandarmi cosa potessi e volessi mai fare da adulto, la mia vita adulta avanzò, mi raggiunse e mi superò, quasi senza che io me ne rendessi conto. A quel punto, più giovane di essa, la scelta su cosa fare ed essere mi si impose quasi naturale”.

Manifesto numero due:

“il peso dei miei pensieri, punto. quante volte ho desiderato non pensare a nulla, i momenti di massima gioia e di massimo dolore: fermare la pesantezza del vorticare dei miei pensieri, penso.
Penso: sono miei pensieri, il frutto del mio pensare, dipendono da me, posso fermarli, cessarli. Posso smettere di pensare.
E: se non ci riesco, e se i miei pensieri procedono oltre me, oltre la mia volontà, pensieri che prescindono da me, tutt’intorno a me, se ne fregano di me, e beh: allora, vuol dire che non sono loro i miei pensieri, ma che sono io i loro pensieri. Ripeto: sono io i loro pensieri, non loro i miei pensieri. Problema superato, problema ribaltato su di essi. Almeno credo.
Almeno questo è il mio pensiero”.

Manifesto numero 3:

“Per me, parlare delle parole con le parole, è come per i greci quando parlavano degli dei”.

Sintesi finale:

Sono passato da un palindromo all’altro: “o ira di dario” si è trasformato ne: “i re di sé: desideri”.
Era solamente la stessa cosa: io parlo solo quando scrivo. Fattene una ragione. O fattene un torto.

O metti una virgola. Ma non omettere l’amore:

Mi ero illuso di non avere più paure, ma era solo la paura di non avere più illusioni.

Buon anno