Archive for Luglio, 2013


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Si è aperta una nuova era
è cominciata la quinta stagione
la pioggia è salita dalla terra sulle nuvole
il sole freddo tramontò all’alba e rinacque al tramonto
le foglie ritornarono sui rami ed i rami misero radici nel terreno
il calabrone scese verso il basso e le lucertole cominciarono a volare
i pesci non abboccarono più all’amo e si consegnarono alle reti
gli uomini ingabbiati cinguettarono mentre gli uccelli li osservavano liberi
i cani portarono a passeggio i loro padroni al guinzaglio
le montagne scesero giù e le pianure si inerpicarono
non politica, non sociale, non finanza né economia
fu della natura la prima notizia
su giornali che non si pubblicarono
le donne ingravidarono gli uomini
e furono i bambini a dare regole agli adulti
gli arcobaleni formarono un quadrato
subito dopo il tuonare del mare
la luna rischiarò le giornate
i sassi risero e il sangue rimarginò le ferite
i poveri sfamarono i ricchi
gli occhi parlarono, le bocche toccarono
i nasi ascoltarono le orecchie assaggiarono
le mani impugnarono pistole che spararono all’incontrario
atti di giustizia furono perseguiti
ma una mela rimise i peccati del mondo
tutti credettero di credere
che l’altro venisse prima dell’uno
e che l’oltre venisse dopo la coltre”.

Così mi scrisse, nato vecchio e partito giovane
il povero matto che ormai parlava
soltanto dea morte

Un omaggio a luglio
con 2 mesi di ritardo
o d’anticipo perchè

“preferisco essere un uomo paradossale
che un uomo con dei pregiudizi”.

nullMi beavo particolarmente di quelle frasi ad effetto magari lette magari distorte sognate chissà dove racimolate, io ero piccolo e prepotente, cioè in potenza mi predisponevo alla sofferenza degli incompresi, perché il frasario non mi sarebbe mancato, né il falsificante che ogni frase sognante si porta appresso, un livello di solitudine che ad umani non è dato di sapere, i normali si preoccupano pochi minuti per capire, molto altro della noia, io non mi annoio, a me appare tutto più buio e sensato, per questo amo l’oscurità, i toni celati, le ombre, la luna – il canto disperato del pastore errante, non ce ne sono più, non ci sono più i ponti riflessi dal lume del lampione a strapiombo sul fiume, città magiche, toni magici, musiche attonite, i parecchi cuori infranti che si sono apparecchiati per me, già: me.
Nell’ovvio qualcuno si chiede cosa significhi e peggio, ancora peggio, si ancora al dovere che tutto abbia una necessità, un valore per quel che può fruttare, quando i semi germogliano spontanei, i frutti fanno questo per natura, e una pianta mi parla e mi chiede acqua, ed io le darei anche il vino, un pensiero divino, una strana fantasia.
Così oggi all’improvviso tante voci mi han cercato, e moltissime meno, e tutte han provato a rimuovere quel senso quasi colpevole di una sperdita, di una nostalgia di tempi andati assai curiosa, perché non c’è dolore non c’è algos in questi ricordi, e non c’è il nostos, il bisogno di un ritorno a una casa in cui sono e in cui sarò da sempre e per sempre presente.
Cosa si deve fare per vivere – in realtà: nulla, e cosa per non pensare, non pensare al dopo, al poi che mi assale, alla fine del tempo, al passato che non passa e non pesa, io non peso, io bevo e non peso.
Sono lieve, sono andato, sono nato e non per caso, ma per caos prestabilito, tutto accade ed è successo, non è stato un gran successo ma al presente basto adesso.
Dove siete, mi sentite, dove siete?
Dove sono io adesso, nel mio stesso, il mio silenzio breve spesso e manifesto.
Subitaneo assai stupito non per questo meno stupido
interrotto dal rumore del suo nulla.

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