Oggi, data palindroma: 12022021. L’altra volta che ciò accadde (negando l’esistenza del 2020 per motivi che non voglio neanche) risale al 21022012. Sono trascorsi esattamente + 9 anni – 9 giorni. Per un totale di 3279 giorni. Che poi, se sommiamo 3+2+7+9, arriviamo al 21, l’anno attuale, ed alle 2 cifre basiche di queste palindromiche calendaristiche, l’1 ed il 2. Ma la domanda è: voi dove eravate il 21-02-2012? io, per me, lo so. E non solo a causa del mio personalissimo perpetuo calen-diario a consultazione. Ma perché c’è addirittura il riflesso filmato. La realtà romanzesca del Numero è Tutto.
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Io son l’autodidatta dei miei letti e dei miei scritti, sono il decisivo mio abbece-Dario
Io sono il copricapo che difende le mie idee giuste o sbagliate da incendiarie falsità, sono il rabbuiato mio aci-Dario
Io sono la mia voce consultata che diffida dell’ammasso atomizzato, son l’ininfluente mio referen-Dario
Io sono la costante assai scottante immersione dentro vasche del vapore a far ritorno, sono il ritirato mio cali-Dario
Io sono il territorio ed il confine in cui rifugio la costante reiterata appartenenza, son preciso logico mio circon-Dario
Io sono gelatina delle simmetrie raggiate, son l’astratto mio cni-Dario
Io sono intero corpo e unico dorso per serbare l’impaziente ed illusoria diffidente differenza, son l’ animalesco mio drome-Dario
Io sono il tentativo reiterato di ripetere motivi per 52 sonate, sono il ciclicante mio ebdoma-Dario
Io sono la scommessa di resistere all’agghiaccio di tempeste della vita, sono il frivolo composto mio frigi-Dario
Io sono interruttore della mano alla ricerca di una luce di speranza, son l’illuminato mio lampa-Dario
Io sono il mio cinismo breve e muto per difesa e per orgoglio, sono il secco mio lapi-Dario
Io sono inni e canti per fratelli ormai soppianti, sono il sòrrido sonante mio lau-Dario
Io sono lo stupore di un segreto inconfessato che mi innalza disperato, sono l’ammirato mi(t)o leggen-Dario
Io sono la ricchezza di una mente incondivisa e assai preziosa, sono il povero gioioso mio miliar-Dario
Io sono cittadino sconfessato ed astenuto per decenza, sono il ritirato a tratti mio pe-Dario
Io son concessionario di una fede esclusiva e personale, sono il mite e credulo mio preben-Dario
Io sono il catalogo di tutto quel che sono, son lo sterminato e vivo mio sche-Dario
Io sono ombra nascosta di una realtà più grande, sono l’umile mio secon-Dario
Io sono concussione e appartenenza ad una pietra collettiva, sono il disarmato mio socci-Dario
Io sono un passo indietro per due passi a quattro mani, sono il discretissimo mio soli-Dario
Io son l’indicazione del cammino, curve strette ardite slitte e risalite pronunziate, sono il cauto deciso mio stra-Dario
Io sono la coperta che nasconde il mondo al viso per timore e per dolcezza, sono il comodo formato mio su-Dario
Io sono via di mezzo tra l’ardore ed il gelare, sono il mio rassicurante tepi-Dario
Io sono e fui un giardino che risale dai millenni, sono il parco esteso mio viri-Dario
…e in sintesi
Io sono tutto il tempo dei miei giorni e delle ore che negli anni ho camminato solitario, sono il quotidiano mio calen-Dario
Per augurio
Mi beavo particolarmente di quelle frasi ad effetto magari lette magari distorte sognate chissà dove racimolate, io ero piccolo e prepotente, cioè in potenza mi predisponevo alla sofferenza degli incompresi, perché il frasario non mi sarebbe mancato, né il falsificante che ogni frase sognante si porta appresso, un livello di solitudine che ad umani non è dato di sapere, i normali si preoccupano pochi minuti per capire, molto altro della noia, io non mi annoio, a me appare tutto più buio e sensato, per questo amo l’oscurità, i toni celati, le ombre, la luna – il canto disperato del pastore errante, non ce ne sono più, non ci sono più i ponti riflessi dal lume del lampione a strapiombo sul fiume, città magiche, toni magici, musiche attonite, i parecchi cuori infranti che si sono apparecchiati per me, già: me.
Nell’ovvio qualcuno si chiede cosa significhi e peggio, ancora peggio, si ancora al dovere che tutto abbia una necessità, un valore per quel che può fruttare, quando i semi germogliano spontanei, i frutti fanno questo per natura, e una pianta mi parla e mi chiede acqua, ed io le darei anche il vino, un pensiero divino, una strana fantasia.
Così oggi all’improvviso tante voci mi han cercato, e moltissime meno, e tutte han provato a rimuovere quel senso quasi colpevole di una sperdita, di una nostalgia di tempi andati assai curiosa, perché non c’è dolore non c’è algos in questi ricordi, e non c’è il nostos, il bisogno di un ritorno a una casa in cui sono e in cui sarò da sempre e per sempre presente.
Cosa si deve fare per vivere – in realtà: nulla, e cosa per non pensare, non pensare al dopo, al poi che mi assale, alla fine del tempo, al passato che non passa e non pesa, io non peso, io bevo e non peso.
Sono lieve, sono andato, sono nato e non per caso, ma per caos prestabilito, tutto accade ed è successo, non è stato un gran successo ma al presente basto adesso.
Dove siete, mi sentite, dove siete?
Dove sono io adesso, nel mio stesso, il mio silenzio breve spesso e manifesto.
Subitaneo assai stupito non per questo meno stupido
interrotto dal rumore del suo nulla.
Non scopro oggi l'INCOMUNICABILITA' ASSOLUTA tra esseri umani, oltre quel patetico e commosso illusionismo del sentimento della compassione, e non oggi la bellezza misteriosa e struggente del meccanismo della parola, invenzione umana primaria e per eccellenza e conseguenza la più inutile tra tutte, pur la più inseguita e vagheggiata, il ritorno malinconico alla ricerca del tempo perduto, il tempo delle galassie che generarono.
* Tu puoi ritrarti dalle sofferenze del mondo, sei libero di farlo e corrisponde alla tua natura, ma forse proprio questo ritrarsi è l'unica sofferenza che potresti evitare.
Vogliono dire la stessa cosa: che tra te ed il Voyager non esiste alcuna differenza, perchè sono due parole dallo stesso significato insensato.
E c'è che tu non sai che io non sono quel che tu pensi ch'io sia, perchè io sono solamente l'immagine della fotografia.
io sono un poeta e un filosofo: è un dato di mio fatto, non un titolo di merito.
E pure senza assenso, ha un senso ancor più intenso.
Il mondo abbonda sul viso degli stolti
Il modo migliore per continuare a credere nelle proprie idee è quello di sapere che non si trasformeranno mai in realtà.
Non si sceglie tra “giusto” e “sbagliato”. Si sbaglia comunque. Bisogna scegliere lo sbaglio giusto.
Stare a posto con la coscienza non significa aver fatto tutto il possibile, ma tutto il voluto.
Non esiste l’inevitabile, ma solo l’irrecuperabile.
Tutto è bene quel che finisce
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Buon Generale, Inverno Leviatano
e di nuovo
Non esiste sbrigativamente ed astrattamente un "diritto alla libertà", semplicemente perchè la liberta E’ un diritto, ed anzi: è il primo, più esclusivo, immodificabile, perenne ed intangibile diritto. Senza di essa, non esiste altro diritto.
La libertà è sostanza di ogni forma di diritto. Di ogni altro diritto (e per converso e complemento: di ogni altro dovere) in ogni altra forma e contenuto.
Come tale, è insensato parlare di limitazione del diritto di libertà, quella formula secondo la quale "la mia libertà finisce dove comincia quella di un altro". Questa espressione è fuorviante e contraddittoria. Cosa significa? Che l’altro è forse più libero di me? Che la sua libertà è più forte, più estensiva, più grande della mia?
Le leggi alla base del vivere civile –
Quindi responsabilità, reciprocità, coscienza morale e civile, e cum-passione sono gli attributi accessori dell’esercizio della mia libertà assoluta all’interno di un sistema sociale che si fa garante di tutti attraverso
Come tale, il diritto alla libertà contrapposto al diritto alla vita è una partita che non si gioca perchè non ne sussistono i presupposti: finché non nasco, non esiste alcun diritto alla MIA vita, al fatto che io e proprio io debba esistere. Nel momento stesso in cui nasco, il mio diritto alla vita si identifica con il primo diritto, quello su cui si fondano tutti gli altri: cioè l’essenza stessa di ogni diritto, cioè la libertà.
Ecco perchè la libertà viene prima del presunto diritto alla vita.
Come al solito, in questo, la religione si macchia della più grave delle contraddizioni: riconosce che esiste il male, cioè il peccato, e che questo deriva non da dio ma dal libero arbitrio dell’uomo. E fin qui saremmo in linea (parallela) con quanto detto in precedenza: l’esercizio della libertà assoluta dell’uomo può generare contrapposizione tra gli uomini, può generare danno, dolore e lesione della libertà altrui. Eppure, quando questa libertà, questo libero arbitrio si spinge oltre un dato limite che la chiesa decide sia tale, essa dovrebbe lasciare il passo al volere di dio ed all’indisponibilità che ognuno avrebbe della propria vita, che rimanda ad una premazia del dio sulla stessa. Come dire che noi siamo liberi di esercitare la libertà finché questa libertà è ecclesiasticamente determinata, volta ad un presunto bene stabilito da una istituzione che fonda le sue pretese su qualcosa che nulla ha a che vedere con l’evoluzione sociale, storica e morale della razza umana, con la nascita del diritto, della filosofia, della scienza e del pensiero razionale. La chiesa pretende che l’uomo sia libero solo fino al punto in cui questa libertà coinciderebbe con i suoi dettami, mentre quando quella libertà si porta fuori da quei "sacri principi" essa andrebbe repressa e contrastata, sebbene poi quella medesima libertà le serva per giustificare l’esistenza di un presunto male generato dal libero arbitrio umano, il che scagionerebbe dio dalla creazione dello stesso, interamente ascrivibile all’uomo, nell’uso distorto che l’individuo farebbe di quel dono che l’altissimo ci avrebbe concesso (e che prima ci riconosce come totale e poi dopo si riprende come indisponibile – a seconda di quanto ciò faccia il gioco della dottrina).
La chiesa, fuori da ogni forma di evoluzione sociale, morale, civile, del pensiero, della scienza e di qualunque altra manifestazione in cui si esprime la tradizione ed il divenire umano, sembra essere legata solamente all’idolatria di una tecnologia, nel momento in cui attribuisce ad una macchina fredda – che forza alimentazione ed idratazione di un corpo privo di vita cerebrale, privo di coscienza, di emozioni, di sensazioni – il ruolo divino di elemento che salvaguarda il diritto alla vita ed il rifiuto della “cultura della morte”.
Nell’idea che la chiesa ha di salvaguardare il dono della vita nel momento più estremo e mutilante di un’esistenza, quando cioè siamo di fronte ad un corpo in stato neurovegetativo, senza attività cerebrale, vivisezionato, alimentato artificialmente da cannule che si insinuano in una pelle abitata da mani altrui, senza reazioni emotive, senza coscienza, senza la possibilità di manifestare la propria volontà circa quel destino materiale cui è stato condannato, ebbene in questa idea c’è la più tragica metafora del ruolo che oggi esercitano le religioni fondamentaliste nelle piazze della terra: corpi senza un pensiero proprio, senza autonomia di coscienza, senza libertà personale, rimessi all’imperio ed al sopruso di istituzioni che esercitano la loro tirannia con uno scopo mercantile di contabilità delle anime da portare in pegno al loro inviolabile totem, la divinità che tutto può e che di tutti dispone, ma che però non è causa e ragione del Male, ma fonte dispensatrice di amore, gioia e compassione.
Tutte le migliaia di contraddizioni che si articolano in questo cammino fuori dalle logiche dell’evoluzione umana, che derivano da un corpo tenuto "in vita" da una macchina e che passano per la difesa della vita, per la difesa degli umili, per il riconoscimento del libero arbitrio, e che approdano ad un papa che rifiuta l’accanimento terapeutico e si lascia morire, da poveri umili e indifesi destinati alla malattia per difendere il principio che la contraccezione sia peccato, di famiglie e figli distrutti dalle violenze perpetrate dall’esercizio della pedofilia nel prelato, e da tutti gli altri crimini esercitati da una istituzione che tutto è fuorché applicazione compassionevole, amorosa e gioiosa di quei principii e di quelle verità che essa stessa pretenderebbe di dispensare ed imporre in terra – ecco, tutto questo è incredibilmente vergognoso, raggelante e sconvolgente. In una parola: è inumano.
Con la mia Libertà, che nessuno mi ha concesso in dono, che è il frutto semplice e decisivo del mio essere giunto in vita, e che vale quanto vale la mia vita perchè è in essa e con essa che si identifica, io persevererò ad agire, pensare e scrivere, volere e ragionare, e mi esporrò a tutti i dubbi, gli interrogativi morali, le riflessioni coscienti e le assunzioni di responsabilità che la sua pratica ed il suo esercizio comportano, e che fanno parte, ne costituiscono elemento imprescindibile, di quella stessa cosciente libertà.
Il sentimento della mia Libertà così espressa e rappresentata, e l’illusione che quello stesso sentimento possa farsi spazio in ogni individuo che esiste e mi circonda in questa piccola porzione spazio-temporale di esistenza che casualmente siamo chiamati a vivere, vale molto più di qualunque fede (alla resa dei conti falsa, ipocrita, contraddittoria e di convenienza) in uno qualunque degli dei che la coscienza (e la paura) della morte e la pavidità nell’assunzione di responsabilità hanno generato sulla terra tra gli umani.
Quel sentimento di libertà che ogni persona argomentante dio ha deciso colpevolmente di escludere dal suo campo di azione, sentimento e coscienza umana.
Colpevole in ciò e per ciò agli occhi di quello stesso dio che arma la sua bocca sanguinolenta e vigliacca, carica di parole vuote, insensate e volgari.
La mia Libertà è una scintilla divina, a confronto di tutto questo squallore ed immiserimento morale ed umano.
Un senso di disagio o di vergogna mi attraversa, lui effetto io riflesso, quando mi ritrovo costretto a leggere, nella lingua che “capisco”, certe cose. il fu rappresentante del popolo che spopola nell’isola della televisione e si erge a paladino e riscatto di una parte politica. Il critico televisivo che parla di “sottomissione mediatica alla logica dello show; la subordinazione della politica allo spettacolo ed all’esibizione di sé”. E poi ancora: “tutto ciò non giova certamente alla credibilità dei partiti, del parlamento e delle istituzioni”. Ma dove mai credono di vivere, si illudono o si infangano, già vittime essi medesimi dell’abbaglio e del Sistema – e quindi complici, complici senza appello?
Niente a suggerirgli, un rigurgito di testa, che gli Importanti e Potenti hanno pianificato il tutto e prodotto lo spettacolo che è oggi tvrealtà unificando i tutti mondi, e i presunti straccioni idealisti delle idee che partono dalle istituzioni per finire – ipso e logico fatto – nel baraccone che è unico e conforme. lussuria non è altri che irene, o mara o medesimo re silvio: stesso telefilm in diretta perenne.
"si mente il meno possibile soltanto se si mente il meno possibile, non se si ha il minimo possibile di occasioni per farlo"
Mi disagio e mi vergogno, a parlarne, perché “per come va il nostro mondo tutti quelli che denunciano ed evidenziano il degrado umano contribuiscono, loro malgrado, ad aumentarlo”.
il degrado mentale è un’assise dei grandi manager che dinanzi la crisi debbono tagliare umanità, ma: “è in questi momenti che un vero manager dimostra quanto vale”.
il degrado morale è: “Saviano voleva farsi i soldi; Saviano sbaglia a parlare dei mali dell’italia; Saviano non ha meriti, ha fatto copia e incolla; Saviano raccoglie ciò che ha seminato”.
Non si ragiona più per colpe e responsabilità: si sragiona per superficialità, plastica assenza di compenetrazione, logiche indotte dalla competizione, spietata insidiosa insensata invidia trasecolante.
Tutto diventa dibattito portaaporta affinché sfumi la vera questione.
“esiste un unico modo per dimostrare le cose che si dicono: semplicemente dicendole. Allo stesso modo in cui – non dicendole – si dimostrano le cose che si pensano”. VecchioLeviatano vecchio stampo.
Tutti badano alla sopravvivenza, per piccoli o grandi cerchi concentrici. La sopravvivenza della chiesa è il potere per il potere sulla testa e la paura primordiale agitata come minaccia.
“il cielo è muto e fa da eco solamente a chi è muto”
La famiglia è affarismo, sopraffazione, negazione della solidarietà fuori da quelle quattro mura, mentre dentro di esse si Uccide.
“una gabbia andò a cercare un uccello”
L’individuo è cellula di consumo, l’apprezzamento del merito è un modo per dare valore monetario ad ogni carne. La solitudine e la frammentazione diventano portali per schedature di massa.
“da un certo punto in là non v’è più ritorno. Quello è il punto da raggiungere”.
Non ho difese, non ho attacchi. Ma sono ben saldo all’interno del mio campo: “Due compiti per iniziare la vita: restringere il tuo cerchio sempre più e controllare continuamente se tu stesso non ti trovi nascosto da qualche parte al di fuori del tuo cerchio”.
Ci sono pochi momenti, un istante basta, in cui sei convinto di avere: Capito. Tutto converge verso l’irraggiungibile, ed hai la nettezza della chiarezza e della consapevolezza, a tutto tondo nel tuo imperscrutabile universo.
La fanghiglia lascia il passo al respiro.
“Tu sei il compito. Nessun allievo in vista, da nessuna parte”.
il mio contributo al mio contributo, politico, sociale, intellettuale, morale e personale e culturale ed esistenziale trova senso in un sentimento che è oltre il ridicolo del modo in cui il mondo si è bardato. Lui ha barato, io sono completamente in balìa delle mie parole. Ho vinto io perché l’illusione è tutta mia, non puoi piegarla spezzarla umiliarla farla a pezzi dimenticarla: è nata per essere disillusa, si rafforza in questo percorso ed in quell’approdo trova il suo Senso indimostrato, da esso riparte per una meta che è completamento e non metà: "c’è una meta ma non una via, ciò che chiamiamo via è un indugiare".
ed è proprio come quando segno nell’arena, fino allo sfinimento, fino all’ultimo respiro, la soffocazione: quando io segno – come ora qui – io lascio un segno.
E questo spiega anche perché il Napoli è il Mio solo, solidale, apparente, pubblico Contributo.
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Pierpaolo slancerà i suoi denti ottimisti
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Tutti gli altri non saranno solamente un nome
E tutte le altre decideranno se rimanere dentro questa meraviglia danzata
“è sempre per prova che sulle labbra torna la parola Amore”.
VecchioLeviatano è