Category: Lucio Battisti


Oggi compio 50 anni e questo post è completamente plagiato ordunque ispirato da quello scritto esattamente 10 anni fa a quest’ora (più o meno: ma cosa è un più o meno in faccia a un mezzo secolo? A pensarci trasecolo). Ancora infatti pur oramai disancorato avviato in alto ed altro mare, nel mio rinnovato ribadito sbiadito modo di non credere a nulla, credo ci siano cose simboliche, date sicuramente (e/o restituite: male, più che mai).
Oggi 29 settembre è di fatto necessario considerarla una di quelle, perché transeat per i giochi di parole 40 = forty = forti (sensazioni), o i quadratini deliranti di un anno fa (che però ho opportunamente aggiornato), la ricerca degli scontrini dei non dico 49 precedenti ma quasi, ma qua spacchiamo fifty fifty il secolo breve, precisi e secchi come solo l’orrore di guardare in faccia l’errore (e viceversa) prima di ridere di sgusto potrebbe fare. Non so se il tempo mi darà tempo di cambiare idea, e francamente non mi interessa quasi più,
all’età
(di cui ognuno è figlio. e al tempo stesso padre e madre. e anche sorella e fratello. e così, come in una messa, messi tutti).

E sia.

Ciò su cui non cambio idea – è matematico e pertanto lo ricopio identico –
è la convinzione che tutto questo non valga la pena,
né per me né per nessun altro.
In questa mia certezza mi ritrovo solo (non più tanto, invero. e non so se sia un bene o un male. intendo per colui il quale), benché la convinzione sia di caratura ontologica (non strettamente personale, anche perché, specie negli ultimi anni, di strada se n’è fatta assai)

Pure, essendoci mio malgrado (forse…!) e – lo ripeto: se potessi scegliere, anzi – paradosso – : se avessi potuto scegliere, avrei scelto di non nascere –
gioco il gioco che il simbolo richiede
ed elenco quelle che sono (qui il plagio si incrina un po’)
le cose (generico: 10 non ce le trovo) per le
quali varrebbe la pena vivere
se veramente valesse la pena vivere.

Metto ciò che resta:

la musica sì (la canzone è DATA)

il pollo sì (la foto è DARIA)

il bere (che stava inopinatamente nel commento e non nel post orginale) sì (la foto è TRINITATA)

il tramonto – ma giusto per come lo descrissi (e infatti non metto la foto, lascio l’immaginario)

e Praga in senso scaramantico sperando di rivederla, anche se i miei schemi numerici sono saltati per aria, gli incastri i desideri e le magie: tutto polverizzato.

il restante è di contorno (fatti salvi i miei capisaldi letterari che non elencherò, perché li so).

Lo scandalo è la sparizione del Napoli. Quando scrissi quel post, se fossero venuti da me queruli e questuanti tutti i me di un futuro cominciato da qualche anno (due o tre) a scandalizzarsi che 10 anni dopo non ci sarebbe stato, li avrei rispediti al mittente, argomentandone con un cenno della mano inequivocabile l’impossibilità. Inequivocabile tanto il cenno quanto l’impossibilità. Che poi come si vede non esiste, al limite l’improbabilità. Che poi come si vede non era potenzialmente tale, nella tremenda fattispecie.

Le altre rimasuglie sono spunti. Le aggiunte o le varianti, transeunti. Ma attenzione: io non dimentico. Ho così cari i miei sterminati ricordi che nessuno è riuscito a sterminarmeli, di persone, amori, momenti, situazioni, illusioni, circostanze fantastiche e straordinarie. Ma qui si sta filosofeggiando su un apriori e, ad esso connesso, su una ipotetica. Quindi non sporco nemmeno di striscio le mie memorie, che pure non torneranno più.  
E ci credo
.

Abbrevio così: sto viaggiando al tramonto (verso la costiera? verso casa?), mi attende un negroni, un pollo ed una birra, e sto ascoltando la radio (anagramma di dario) in macchina.

Le sensazioni forti, quelle intense e brevissime, di cui lì scrivevo, e che oggi vivo a tratti assai tenui, hanno sostituito le emozioni di un tempo. Ammesso che non fossero lo stesso fenomeno, racchiuse complete in uno stesso complesso e compresso noumeno.

Mi piace ancora scrivere, ma non so se mi ritroverai ancora qui tra 10 anni.
Ascolta però: sai come pronuncia un mezzo bleso al secolo (mezzo) zeppolaro le parole seguenti?

RE-fifti ed IN-fifti.
IN-fifty e RE-fifti.

REfifti ed INfifti.
L’autoaugurale mia genialità sta tutta qua.

Buon mezzosecolo mezzasega VecchioleviadORO!

MI RITORNA IN MENTE

09-09-1988

http://www.princevault.com/index.php?title=09_September_1988

09-09-1998

http://www.unionesarda.it/fotogallery/fotogallery/2018/09/09/accaddeoggi-9-settembre-1998-addio-a-lucio-battisti-18-768181.html

09-09-2008

http://vecchioleviatano.altervista.org/battisti-nove-nove/

09-09-2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/09/lucio-battisti-ventanni-fa-moriva-un-artista-che-non-e-mai-stato-fermo/4612765/

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29 settembre 1994.

20 anni esatti fa usciva l’ultimo album di Lucio Battisti.

Casuale che fosse proprio quella data?

La data di una delle sue canzoni più famose, “29 settembre”?

Casuale che l’ultima Opera bianca avesse quell’imprinting di calen-Dario?

Casuale che l’ultima canzone di quell’album fosse una summa della filosofia di Panella?

E che fosse impossibile costruire attorno a quel testo così stratosferico ed intraducibile una musica quale fosse?

E che Battisti ci riuscì?

Ci riuscì, l’ultima sua voce ufficiale, con una sonorità che squadernò i tempi

che rimane scioccante ancora oggi

e sopra ogni cosa

sopra tutto

con un falsetto venuto da luoghi impenetrabili

del talento purissimo, umano ed oltre?

Era falsetto ed era vero al quadrato:

la chiusura circolare del percorso,

cioè la quadratura del cerchio.

Che bel 29 settembre:

una data

come cosa

ben conservata

lì, ora e a futura sorpresa:


LA VOCE DEL VISO
 
Per insignificanti movimenti
tanti e tanti il volto è tutto
e tutto sta raccolto sopra il tuo bel volto.
Lingua che sei straniera e non si sa se vuoi che io
ti distingua dalla mia o se mia lingua ti finga.
Bocca di gradazioni, intera gamma dalle predilezioni
alla maniera amara.
Bocca che mi sei cara appena appena schiusa quando armatura in te
quella fessura è un dissuadendo le svariate forme labili d'espressione
per tentativi ed approssimazione.
Ed il tuo volto è tutto
nel momento in cui passando sopra la tua immagine
della quale è troppo facile dire che in superficie
affiori l'anima passando sopra alla tua immagine invece
ci si vede intraducibile l'estraneità al lavoro.
Che il volto è tutto
ma non è del corpo al quale pare unito.
Il corpo contentando il senso della nutrizione
il viso l'ascensione, l'assorbenza dell'inappetenza
perchè un bel volto è bello se lo si può guardare
è un disimparare del mondo questo e quello.
Così ci si innamora di un viso in cui l'estraneità lavora.
Il corpo segue come un testimone casalingo e familiare
e di questa apparizione in su la cima.
Quest'opera sensibile il tuo volto che si manifesta ed è
oltre all'ordine della natura. Ecco come tutti i portenti tende a
scomparire
più cerchi di tenerlo a mente e nelle spire dei ritrovamenti portentosi.
E la voce del viso allora nemmeno ricorre ai miracoli
non un riso, un pianto non una smorfia, densa d'oracoli.
Ma dà senso quella voce a un solo volto che sotto il mio
rotola si ferma e freme alle mie mani preme
perchè lo riporti in cima, in vetta al suo sistema dei piaceri.
Secondo un canone, un precetto ed una disciplina
che inumidisce i capelli e per discrezione stende un velo di malore sulla pelle.
Ti spadroneggia allora il tuo godìo disincantato in quanto più è restìo
al racconto lenitivo, al riassunto giulivo.
E non è riso appunto e non è pianto il tuo perchè racconto è il riso
e pianto il suo riassunto.
Sul viso la sintassi non ha imperio, non ha nessun comando.

BATTISTI NOVE NOVE


 

 

lb-l-apparenza-front

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


…il 29 settembre del 1988 fu il primo compleanno della mia vita senza

chi mi aveva dato la vita. Tracci zero sul calendario, da 16 che erano, e

decidi di vagare a caso per strade da ex e finisce che ti

ritrovi a scartabellare una piccolina cassetta che nella tua memoria avrà

poi il colore verde, e non ci si capisce niente.

Poi il tempo si deforma, appunto il tempo, e la vita si conforma, e

attraverso imprevedibili coincidenze perse, altre prese, altre maniglie,

inverni freddi, generali, e tutto ciò che ne consegue, oltrepassi.

In apparenza.

…..

Poi anni dopo sei un uomo (andandoci piano con gli entusiasmi), e vengono

altri 29 settembre, e altri affetti, effetti e cose speciali.

Hai sentito parlare di un album del 1986, si accende la spia memoria nel tuo

rapido ricordo e lasciapassare il verde. Tu te lo fai regalare, e tutto

comincia ad assumere la precisa, esatta sensazione del delirio.

…..

E poi – passando i settembre – io sono impazzito del tutto, mi sono imposto questo delirio

immaginifico per rendere più complicato andarmene un giorno, che mi mancherà

molto quel bianco o verde, e comunque tutto cambia tranne i colori.

…..

Adesso ho scritto altre cose, e non passa giorno che non mi renda più forte

attraverso il sostegno di una sposa occidentale, di una voce del viso, o di

un ricordo, oltre poi tutto il resto, i delfini, i marosi, e vabbè, che cito

a fare, è proprio perchè la solitudine è bella cosa, ma stare zitti in

due o più è ancora stordente e meraviglioso, e comunque qualcuno che mette

su qualcosa lo trovi, e viaggi, ti commuovi, ti sguardi i ricambi di intesa,

e ci vediamo ancora?

Ma non dovevamo vederci più?

E perchè, perchè i ritorni?

…..

Ora: quante migliaia di parole mai dette ci sono dietro le frasi che

riusciamo a comunicare agli altri? Tutti i detti non detti, sepolti tra le

pieghe dell’inconscio, o solo di una sensibilità ferita, che si illude di

nascondersi per non farsi stanare da un mondo di abominio e nefandezze.

Le parole pronunciate sono come i fiori colti, i cibi scelti al ristorante,

le posizioni del sonno o dell’amore, le scelte morali e le azioni

quotidiane.

Nascono da un’apparente libertà, e sono figlie di tutte quelle altre scelte

libere mai compiute, mai vissute, che si dipanano in mille mondi paralleli,

che continueranno a produrre visioni, deliri, sogni e speranze inconfessate.

Le parole dette sono figlie di altri miliardi di mondi negati per sempre.

Sono la sconfitta più alta della coscienza dell’uomo.

per questo vanno volute bene, e conservate come un dono prezioso.

Un dono, la scelta, la faccia scura della solitudine………

E poi il silenzio, comunque.

SOLAMENTE IL SILENZIO MI FA "SENTIRE" MEGLIO.

…..

Ma oggi, oggi, non esiste più linguaggio umano, solo tecnologico e alieno.

Non esiste più corrispondenza, neanche lontana, fra significante e

significato. "Se io dico undici tu capisci sette" – diceva Prince (sempre

1988). Le parole si vendono sugli scaffali della comune incomunicabilità, e

fa gioco a coloro (in bianco e nero, però) che smerciano bugìe luccicanti,

buone a far salire le quotazioni del petrolio, degli affitti e delle

melenzane. Cristallizzato e messo sotto vetro a temperatura di zero assoluto

(-273 ° C.), il linguaggio ex-umano è – all’oggi indefinibile – un astruso

oggetto di 66 cm cubi buono per scagliare l’insignificante oltre il vetro di

qualunque apparenza da Ultimo Stadio.

Ma poi senti-menti un tale che ti dice che "non dobbiamo avere pazienza ma

accampare pretese intorno a noi", e ti ricordi che il linguaggio è il solo

tratto distintivo della razza umana.

L’unica rivoluzione possibile.

Allora la tua testa orchestra un salto logico, da pensiero laterale.

Esiste cioè un’emozione della memoria.

Esiste uno strumento di creazione propriamente umana.

Le due cose sono per definizione antitetiche (come fai a tradurre

un’emozione in parole?)

Cerchi di mediare con una musica dentro.

Fai una fotografia del sentimento.

Metti quella foto sul leggìo del tempo.

La reciti.

Musica sotto.

 

Ecco perchè, per me, Battisti Panella un giorno.

Un gran bel giorno.

Magari un 29 settembre.

il non senso nella mia testa com-bacia e mi bacia.

………………………..

 

Lucio Battisti è morto il 9 settembre del 1998 mentre io stavo seduto sul divano col sole in faccia.

Me lo disse la radio, anagramma di Dario.

29 settembre è la sua canzone, il mio giorno che nacqui e l’ultima data di uscita del suo ultimo album.

Tra 20 giorni è il 29 settembre, ed oggi sono 10 anni che Battisti è morto.

Aspettiamo il ritorno?

Ascoltiamo “i ritorni”.

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