Avrò avuto 6 anni e sì, perché questo ricordo della memoria che prende sempre più le distanze da me mi suggerisce che fosse tipo un compito dato dalla maestra delle elementari, o forse solo un gioco tra noi fratelli, ma comunque insomma erano domande sui gusti dei genitori ed alla domanda di mamma su chi fosse la cantante preferita di papà io risposi: Milva. Ovviamente indovinai, ma l’ovvietà sta nel fatto che: io dissi il primo nome che mi venne in mente e credo uno dei pochi che conoscessi all’epoca; e mia madre mi disse bravo, ma ovviamente lo fece per compiacermi (sono certo di ciò o comunque preferisco pensarla così). In realtà qualche anno dopo, agli inizi degli ’80, io e Sandro avremmo imparato a conoscere ed amare perennemente quello che era davvero l’ispiratore del nostro genitore: Franco Battiato. Ricordo ad esempio il Natale dell’82 che mamma gli regalò “L’arca di Noè” ma prima di impacchettare la musicassetta la fece ascoltare ad entrambi – tanto per dire. Ciò che non potevo ricordare, perché non lo sapevo e perché non si finisce mai di ignorare, è che Franco Battiato avesse scritto degli album per Milva e che il primo, “Milva e dintorni”, fosse proprio del 1982 – che assurda incredibile sovrapposizione di artisti e di date, di epoche di infanzie che non torneranno più – tutte convogliate in un aneddoto concentrico legato a nostro padre.

Oggi, che Milva è morta, e che come Battiato, e come papà, era malata di alzheimer, trascinato dall’emozione che la scoperta di questa cosa ha scatenato dentro me, ho ascoltato quell’album del 1982: “Milva e dintorni“.

Ascoltando e piangendo, restando muto pensando che solo la musica salva la vita. Purtoppo.