Mi piacerebbe che esistesse la favoletta bella dell’aldilà, anche a costo di finire io – sicuro – all’inferno perenne, in cambio di saperti finalmente di nuovo insieme alle due persone che più hai amato.
Ai piani superiori, ovvio.
Salutamele.
(20 anni fa scrissi questo. Non cambierei una parola.)
MIO PADRE
L’aria è ferma
ed oggi è maggio.
Un fatuo pomeriggio
sospeso ed irreale
dall’unico rumore
di un placido irradiarsi
dei mistici solari
sul fianco orizzontale della casa.
La brezza inesistente
si espande lungo stanze e corridoi.
Mi muovo compunto
diacronico ed inerme
piacevole coscienza
dei propri movimenti nello spazio.
Niente è pesante, niente è angusto.
Temevo che l’estate
spazzasse via la grandine
ed i crepuscolari tramonti anticipati.
Invece, tutto è lieve
e culla dolcemente
un mare di visioni non forzate.
Mio padre ondeggia un libro
– antiche divisioni –
disteso sul divano.
Osservo i suoi occhi miopi
e la nuca imbiancata.
Questi muri, in altri tempi,
ed altre suggestioni
mitigavano le risate e le parole di una famiglia.
Adesso siamo noi due.
Domani non so.
Leggevo il suo pensiero,
ed ho aperto le tende
per dare più colore
alle sue pagine sfiorate.
Egli mi ha ringraziato
con soave distrazione.
Volersi e darsi il bene
non è obbligo di sangue
è cosa che assomiglia
al viaggio dentro l’anima.
Nell’ultimo mi si confessò
discreto, come sempre
riservato con pudore
come a non voler colpevolizzare la vita.
Un’innocenza tanto candida quanto spiazzante
da non darmi il coraggio di infierire, di profferire verbo.
Ne verserò di lacrime, sarò ancora della partita
quando lui cesserà.
La consapevolezza è una circostanza dura
bisogna fronteggiare la paura
per esserne all’altezza.
Ho scelto così, con estrema perentorietà.
Volergli bene, e tenercelo nascosto a vicenda.
Sono i rimpianti della vita, della casualità.
Forse agitai alcuni fogli
e spedii qualche sguardo.
Ma non bastò al riguardo
e scesero dal cielo neve e foglie.
A volte l’incantesimo
ti prende per mano e poi svanisce
lasciandoti nel bel mezzo di un’emozione
o di un freddo acuminato.
Questo è il mio testamento di dolcezza e di affetto.
Nessun suono, nessun effetto speciale.
Ti voglio bene, te ne ho sempre voluto, e non lo saprai mai.
Responsabilmente, mi contrarrò nel dolore rileggendolo.
Quando non ci saranno più tende da aprire
né pagine di libro da schiarire
capelli bianchi da osservare
e mani che modellavano la creta.
Un’intenzione vale maggiormente.
La mia anima stracciata si schernisce.
Ha avuto un eccellente maestro.
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Un genitore degno e silenzioso.
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Mio padre.
– Vecchioleviatano 2001