Pulcinello


Non esiste sbrigativamente ed astrattamente un "diritto alla libertà", semplicemente perchè la liberta E’ un diritto, ed anzi: è il primo, più esclusivo, immodificabile, perenne ed intangibile diritto. Senza di essa, non esiste altro diritto.
La libertà è sostanza di ogni forma di diritto. Di ogni altro diritto (e per converso e complemento: di ogni altro dovere) in ogni altra forma e contenuto.
Come tale, è insensato parlare di limitazione del diritto di libertà, quella formula secondo la quale "la mia libertà finisce dove comincia quella di un altro". Questa espressione è fuorviante e contraddittoria. Cosa significa? Che l’altro è forse più libero di me? Che la sua libertà è più forte, più estensiva, più grande della mia?
Le leggi alla base del vivere civile – la Costituzione per tutte – sono state create dall’uomo nella consapevolezza di quell’irrisolvibile controversia, per cercare di regolare la complessa quadratura tra la libertà totale di tutti gli individui nella loro uguaglianza, e la possibilità di un vivere sociale e civile accettabile per tutti – oltre una certa soglia di comune esercizio di libertà riconosciute derivanti dal diritto primario e assoluto. Sta cioè alla coscienza ed alla responsabilità dell’uomo cercare di contemperare il suo assoluto libero esercizio della libertà con il rispetto per la libertà equipollente altrui. Ovvero: io devo sapere che se nell’esercizio della mia libertà vado a ledere la libertà altrui, costituisco un precedente morale, sociale o civile in cui chiunque altro può agire nel suo esercizio di libertà contro di me, contro la mia libertà. Così nasce la legge, la responsabilità morale dentro di me si specchia nella reciprocità e nella responsabilità civile dentro la società. Io esercito ogni mia primaria libertà, ma se questo comporta l’abbattimento delle prerogative di libertà altrui, io mi espongo al libero pensiero esemplare di altri che potranno applicarla contro di me, o mi espongo alle leggi dello stato – che sono tenuto a conoscere – che restringeranno la mia libertà nel momento in cui, uccidendo o mutilando una persona fisicamente o moralmente, io comprimo la sua incomprimibile libertà.
Quindi responsabilità, reciprocità, coscienza morale e civile, e cum-passione sono gli attributi accessori dell’esercizio della mia libertà assoluta all’interno di un sistema sociale che si fa garante di tutti attraverso la Legge.
Come tale, il diritto alla libertà contrapposto al diritto alla vita è una partita che non si gioca perchè non ne sussistono i presupposti: finché non nasco, non esiste alcun diritto alla MIA vita, al fatto che io e proprio io debba esistere. Nel momento stesso in cui nasco, il mio diritto alla vita si identifica con il primo diritto, quello su cui si fondano tutti gli altri: cioè l’essenza stessa di ogni diritto, cioè la libertà.
Ecco perchè la libertà viene prima del presunto diritto alla vita.

Come al solito, in questo, la religione si macchia della più grave delle contraddizioni: riconosce che esiste il male, cioè il peccato, e che questo deriva non da dio ma dal libero arbitrio dell’uomo. E fin qui saremmo in linea (parallela) con quanto detto in precedenza: l’esercizio della libertà assoluta dell’uomo può generare contrapposizione tra gli uomini, può generare danno, dolore e lesione della libertà altrui. Eppure, quando questa libertà, questo libero arbitrio si spinge oltre un dato limite che la chiesa decide sia tale, essa dovrebbe lasciare il passo al volere di dio ed all’indisponibilità che ognuno avrebbe della propria vita, che rimanda ad una premazia del dio sulla stessa. Come dire che noi siamo liberi di esercitare la libertà finché questa libertà è ecclesiasticamente determinata, volta ad un presunto bene stabilito da una istituzione che fonda le sue pretese su qualcosa che nulla ha a che vedere con l’evoluzione sociale, storica e morale della razza umana, con la nascita del diritto, della filosofia, della scienza e del pensiero razionale. La chiesa pretende che l’uomo sia libero solo fino al punto in cui questa libertà coinciderebbe con i suoi dettami, mentre quando quella libertà si porta fuori da quei "sacri principi" essa andrebbe repressa e contrastata, sebbene poi quella medesima libertà le serva per giustificare l’esistenza di un presunto male generato dal libero arbitrio umano, il che scagionerebbe dio dalla creazione dello stesso, interamente ascrivibile all’uomo, nell’uso distorto che l’individuo farebbe di quel dono che l’altissimo ci avrebbe concesso (e che prima ci riconosce come totale e poi dopo si riprende come indisponibile – a seconda di quanto ciò faccia il gioco della dottrina).
La chiesa, fuori da ogni forma di evoluzione sociale, morale, civile, del pensiero, della scienza e di qualunque altra manifestazione in cui si esprime la tradizione ed il divenire umano, sembra essere legata solamente all’idolatria di una tecnologia, nel momento in cui attribuisce ad una macchina fredda – che forza alimentazione ed idratazione di un corpo privo di vita cerebrale, privo di coscienza, di emozioni, di sensazioni –  il ruolo divino di elemento che salvaguarda il diritto alla vita ed il rifiuto della “cultura della morte”.
Nell’idea che la chiesa ha di salvaguardare il dono della vita nel momento più estremo e mutilante di un’esistenza, quando cioè siamo di fronte ad un corpo in stato neurovegetativo, senza attività cerebrale, vivisezionato, alimentato artificialmente da cannule che si insinuano in una pelle abitata da mani altrui, senza reazioni emotive, senza coscienza, senza la possibilità di manifestare la propria volontà circa quel destino materiale cui è stato condannato, ebbene in questa idea c’è la più tragica metafora del ruolo che oggi esercitano le religioni fondamentaliste nelle piazze della terra: corpi senza un pensiero proprio, senza autonomia di coscienza, senza libertà personale, rimessi all’imperio ed al sopruso di istituzioni che esercitano la loro tirannia con uno scopo mercantile di contabilità delle anime da portare in pegno al loro inviolabile totem, la divinità che tutto può e che di tutti dispone, ma che però non è causa e ragione del Male, ma fonte dispensatrice di amore, gioia e compassione.
Tutte le migliaia di contraddizioni che si articolano in questo cammino fuori dalle logiche dell’evoluzione umana, che derivano da un corpo tenuto "in vita" da una macchina e che passano per la difesa della vita, per la difesa degli umili, per il riconoscimento del libero arbitrio, e che approdano ad un papa che rifiuta l’accanimento terapeutico e si lascia morire, da poveri umili e indifesi destinati alla malattia per difendere il principio che la contraccezione sia peccato, di famiglie e figli distrutti dalle violenze perpetrate dall’esercizio della pedofilia nel prelato, e da tutti gli altri crimini esercitati da una istituzione che tutto è fuorché applicazione compassionevole, amorosa e gioiosa di quei principii e di quelle verità che essa stessa pretenderebbe di dispensare ed imporre in terra – ecco, tutto questo è incredibilmente vergognoso, raggelante e sconvolgente. In una parola: è inumano.

Con la mia Libertà, che nessuno mi ha concesso in dono, che è il frutto semplice e decisivo del mio essere giunto in vita, e che vale quanto vale la mia vita perchè è in essa e con essa che si identifica, io persevererò ad agire, pensare e scrivere, volere e ragionare, e mi esporrò a tutti i dubbi, gli interrogativi morali, le riflessioni coscienti e le assunzioni di responsabilità che la sua pratica ed il suo esercizio comportano, e che fanno parte, ne costituiscono elemento imprescindibile, di quella stessa cosciente libertà.
Il sentimento della mia Libertà così espressa e rappresentata, e l’illusione che quello stesso sentimento possa farsi spazio in ogni individuo che esiste e mi circonda in questa piccola porzione spazio-temporale di esistenza che casualmente siamo chiamati a vivere, vale molto più di qualunque fede (alla resa dei conti falsa, ipocrita, contraddittoria e di convenienza) in uno qualunque degli dei che la coscienza (e la paura) della morte e la pavidità nell’assunzione di responsabilità hanno generato sulla terra tra gli umani.
Quel sentimento di libertà che ogni persona argomentante dio ha deciso colpevolmente di escludere dal suo campo di azione, sentimento e coscienza umana.
Colpevole in ciò e per ciò agli occhi di quello stesso dio che arma la sua bocca sanguinolenta e vigliacca, carica di parole vuote, insensate e volgari.

La mia Libertà è una scintilla divina, a confronto di tutto questo squallore ed immiserimento morale ed umano.