Non esiste sbrigativamente ed astrattamente un "diritto alla libertà", semplicemente perchè la liberta E’ un diritto, ed anzi: è il primo, più esclusivo, immodificabile, perenne ed intangibile diritto. Senza di essa, non esiste altro diritto.
La libertà è sostanza di ogni forma di diritto. Di ogni altro diritto (e per converso e complemento: di ogni altro dovere) in ogni altra forma e contenuto.
Come tale, è insensato parlare di limitazione del diritto di libertà, quella formula secondo la quale "la mia libertà finisce dove comincia quella di un altro". Questa espressione è fuorviante e contraddittoria. Cosa significa? Che l’altro è forse più libero di me? Che la sua libertà è più forte, più estensiva, più grande della mia?
Le leggi alla base del vivere civile –
Quindi responsabilità, reciprocità, coscienza morale e civile, e cum-passione sono gli attributi accessori dell’esercizio della mia libertà assoluta all’interno di un sistema sociale che si fa garante di tutti attraverso
Come tale, il diritto alla libertà contrapposto al diritto alla vita è una partita che non si gioca perchè non ne sussistono i presupposti: finché non nasco, non esiste alcun diritto alla MIA vita, al fatto che io e proprio io debba esistere. Nel momento stesso in cui nasco, il mio diritto alla vita si identifica con il primo diritto, quello su cui si fondano tutti gli altri: cioè l’essenza stessa di ogni diritto, cioè la libertà.
Ecco perchè la libertà viene prima del presunto diritto alla vita.
Come al solito, in questo, la religione si macchia della più grave delle contraddizioni: riconosce che esiste il male, cioè il peccato, e che questo deriva non da dio ma dal libero arbitrio dell’uomo. E fin qui saremmo in linea (parallela) con quanto detto in precedenza: l’esercizio della libertà assoluta dell’uomo può generare contrapposizione tra gli uomini, può generare danno, dolore e lesione della libertà altrui. Eppure, quando questa libertà, questo libero arbitrio si spinge oltre un dato limite che la chiesa decide sia tale, essa dovrebbe lasciare il passo al volere di dio ed all’indisponibilità che ognuno avrebbe della propria vita, che rimanda ad una premazia del dio sulla stessa. Come dire che noi siamo liberi di esercitare la libertà finché questa libertà è ecclesiasticamente determinata, volta ad un presunto bene stabilito da una istituzione che fonda le sue pretese su qualcosa che nulla ha a che vedere con l’evoluzione sociale, storica e morale della razza umana, con la nascita del diritto, della filosofia, della scienza e del pensiero razionale. La chiesa pretende che l’uomo sia libero solo fino al punto in cui questa libertà coinciderebbe con i suoi dettami, mentre quando quella libertà si porta fuori da quei "sacri principi" essa andrebbe repressa e contrastata, sebbene poi quella medesima libertà le serva per giustificare l’esistenza di un presunto male generato dal libero arbitrio umano, il che scagionerebbe dio dalla creazione dello stesso, interamente ascrivibile all’uomo, nell’uso distorto che l’individuo farebbe di quel dono che l’altissimo ci avrebbe concesso (e che prima ci riconosce come totale e poi dopo si riprende come indisponibile – a seconda di quanto ciò faccia il gioco della dottrina).
La chiesa, fuori da ogni forma di evoluzione sociale, morale, civile, del pensiero, della scienza e di qualunque altra manifestazione in cui si esprime la tradizione ed il divenire umano, sembra essere legata solamente all’idolatria di una tecnologia, nel momento in cui attribuisce ad una macchina fredda – che forza alimentazione ed idratazione di un corpo privo di vita cerebrale, privo di coscienza, di emozioni, di sensazioni – il ruolo divino di elemento che salvaguarda il diritto alla vita ed il rifiuto della “cultura della morte”.
Nell’idea che la chiesa ha di salvaguardare il dono della vita nel momento più estremo e mutilante di un’esistenza, quando cioè siamo di fronte ad un corpo in stato neurovegetativo, senza attività cerebrale, vivisezionato, alimentato artificialmente da cannule che si insinuano in una pelle abitata da mani altrui, senza reazioni emotive, senza coscienza, senza la possibilità di manifestare la propria volontà circa quel destino materiale cui è stato condannato, ebbene in questa idea c’è la più tragica metafora del ruolo che oggi esercitano le religioni fondamentaliste nelle piazze della terra: corpi senza un pensiero proprio, senza autonomia di coscienza, senza libertà personale, rimessi all’imperio ed al sopruso di istituzioni che esercitano la loro tirannia con uno scopo mercantile di contabilità delle anime da portare in pegno al loro inviolabile totem, la divinità che tutto può e che di tutti dispone, ma che però non è causa e ragione del Male, ma fonte dispensatrice di amore, gioia e compassione.
Tutte le migliaia di contraddizioni che si articolano in questo cammino fuori dalle logiche dell’evoluzione umana, che derivano da un corpo tenuto "in vita" da una macchina e che passano per la difesa della vita, per la difesa degli umili, per il riconoscimento del libero arbitrio, e che approdano ad un papa che rifiuta l’accanimento terapeutico e si lascia morire, da poveri umili e indifesi destinati alla malattia per difendere il principio che la contraccezione sia peccato, di famiglie e figli distrutti dalle violenze perpetrate dall’esercizio della pedofilia nel prelato, e da tutti gli altri crimini esercitati da una istituzione che tutto è fuorché applicazione compassionevole, amorosa e gioiosa di quei principii e di quelle verità che essa stessa pretenderebbe di dispensare ed imporre in terra – ecco, tutto questo è incredibilmente vergognoso, raggelante e sconvolgente. In una parola: è inumano.
Con la mia Libertà, che nessuno mi ha concesso in dono, che è il frutto semplice e decisivo del mio essere giunto in vita, e che vale quanto vale la mia vita perchè è in essa e con essa che si identifica, io persevererò ad agire, pensare e scrivere, volere e ragionare, e mi esporrò a tutti i dubbi, gli interrogativi morali, le riflessioni coscienti e le assunzioni di responsabilità che la sua pratica ed il suo esercizio comportano, e che fanno parte, ne costituiscono elemento imprescindibile, di quella stessa cosciente libertà.
Il sentimento della mia Libertà così espressa e rappresentata, e l’illusione che quello stesso sentimento possa farsi spazio in ogni individuo che esiste e mi circonda in questa piccola porzione spazio-temporale di esistenza che casualmente siamo chiamati a vivere, vale molto più di qualunque fede (alla resa dei conti falsa, ipocrita, contraddittoria e di convenienza) in uno qualunque degli dei che la coscienza (e la paura) della morte e la pavidità nell’assunzione di responsabilità hanno generato sulla terra tra gli umani.
Quel sentimento di libertà che ogni persona argomentante dio ha deciso colpevolmente di escludere dal suo campo di azione, sentimento e coscienza umana.
Colpevole in ciò e per ciò agli occhi di quello stesso dio che arma la sua bocca sanguinolenta e vigliacca, carica di parole vuote, insensate e volgari.
La mia Libertà è una scintilla divina, a confronto di tutto questo squallore ed immiserimento morale ed umano.
Vasco 1985 (T’immagini):
“Secondo me
qui c’è qualcuno che ha sbagliato mestiere
non voglio mica dire che sia in mala fede
per carità, però….
però qui qualche cosa non va!”
Vasco primo Maggio:
“Secondo me
qui c’è qualcuno che ha sbagliato mestiere
non voglio mica dire che sia
il Cavaliere
per carità, però….
però qui qualche cosa non va!”
Vasco 1993 (Non appari mai):
“…….problemi?!…
qui non esistono problemi….
qui siamo tutti quanti uguali….
qui siamo tutti “belli e sani”
E non c’è niente da pensare….
qui basta solo lavorare
e poi guardare la tivvù…….
magari quello là in fondo sei tu !!!!”
Vasco primo Maggio:
“Problemi?!
Qui non esistono problemi
qui siamo tutti belli e buoni
votiamo tutti berlusconi
e non c’è niente da pensare
qui basta solo lavorare
e poi guardare la tivvù
magari quello là in fondo sei tu”.
Ritratto del Tiranno:
“il nome indica l’uomo di mala vita che per forza sopra tutti vuole regnare… Gran fantasie, tristizie, timori lo rodono: rare volte o forse mai vediamo tiranno che non sia lussurioso….inordinatamente appetisce la roba, onde ogni tiranno è avaro e ladro…ha virtualmente tutti i peccati del mondo…in politica segue tre massime: che li sudditi non intendano cosa alcuna; che ministri, consiglieri e familiari siano discordi sì da favorire una delle parti che tiene l’altra bassa e lo fa forte; non tollerare uomini eccellenti…fornisce spettacoli e feste per tenere teste spente, onora gli adulatori ed ha in odio la verità…coltiva le amicizie dei signori e gran maestri forestieri perchè li cittadini reputa suoi avversari e di loro ha sempre paura…tiene le mani in affari di giustizia e tiene a corte cantatrici e cantori…espropria campi e case promettendo un giusto prezzo ma pagandone la metà…non c’è nomina in cui non mette parola, insino alli cuochi del palazzo e famigli de’ magistrati…tutte le buone leggi corrompe con astuzia e ne fa continuamente a suo proposito…ha spie e suggeritori ovunque e chi sparla di lui bisogna che si nasconda perchè lo perseguita insino nelle estreme parti del mondo…dà udienza breve e risposte ambigue…vale più un minimo suo polizzino o la parola di uno staffiere che ogni iustizia…dissemina ruffiani e ruffiane… Insomma, sotto il tiranno, non esiste cosa stabile, perchè tutto dipende dalla sua volontà”
Tractato di Frate Hieronimo da Ferrara circa el reggimento et governo della città di Firenze – anno 1498
io sì!
Ad occhio e croce nessuno mai.
ma avete studiato giurisprudenza qui dentro?
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/02/14/quella-liberta-di-mangiare-bere.html
“Non dobbiamo trascurare la probabilità che il costante inculcare la credenza in dio nelle menti dei bambini possa produrre un effetto così forte e duraturo sui loro cervelli non ancora completamente sviluppati, da diventare per loro tanto difficile sbarazzarsene quanto per una scimmia disfarsi della sua istintiva paura o ripugnanza del serpente”.
Charles Darwin
Vito Mancuso:
“Oggi assistiamo allo spettacolo di una chiesa isterica che non è amareggiata ma arrabbiata, che non parla ma grida, anzi talora insulta; che non suggerisce ma ordina, che non critica ma impone alzando la voce o facendo pressioni su chi tiene il bastone del comando. Non discuto la buona intenzione di combattere per la giusta causa, mi permetto però di dubitare sullo stile e più ancora sull’efficacia evangelizzatrice di tale battaglia (…). Personalmente ero contrario all’interruzione dell’idratazione di Eluana. Se mi trovassi io a vivere una condizione del genere vorrei che mi si lasciasse al mio posto di combattimento nel grande ventre della vita anche con la sola vita vegetale. (…) lasciandomi portare dall’immenso respiro dell’essere, secondo la tradizionale visione della morale della vita fisica non solo del cattolicesimo ma anche delle altre grandi tradizioni spirituali. La vita vegetale è una cosa seria, ognuno di noi la sta vivendo in questo momento, basta considerare la circolazione del sangue, il metabolismo, il sistema linfatico. Il fatto, però, è che non si trattava di me ma di Eluana, e che ciò che è un valore per me non lo era per lei. Una diversa concezione della vita produce una diversa etica, e da una diversa etica discende una diversa modalità di percepire e di vivere le situazioni concrete, così che ciò che per uno può essere edificazione, per un altro si può trasformare in tortura. Si pensi alla castità, alla clausura, al martirio e ad altri valori religiosi, che per alcuni non sono per nulla valori ma un incubo spaventoso solo a pensarli. Il padre di Eluana ha lottato per liberarla da ciò che per lei era una tortura, ed è probabile che la conoscesse un po’ meglio del ministro sacconi e del cardinal barragan. Grazie allo stato di diritto, alla fine l’ha liberata. Io non sono d’accordo? E’ un problema mio, non si trattava di me, ma di lei. Tutto molto semplice, come sempre è semplice la verità. Ora aspettiamo una legge sul testamento biologico e io penso che il compito dello stato sia precisamente quello di produrre, a partire dalle diverse etiche dei cittadini, una legge ove tutti vedano riconosciuta la possibilità di vivere e di morire secondo la propria concezione del mondo. Se lo stato fa questo, realizza la giustizia, che, come è noto, consiste nel dare a ciascuno il suo. La distinzione tra etica e diritto è decisiva.
A questo punto però sento la voce di benedetto XVI che rimprovera questa mia prospettiva di “relativismo” in quanto privilegia la libertà del singolo a scapito della verità oggettiva. E’ mio dovere cercare di rispondere e lo faccio ponendo una domanda: Dio ha voluto oppure no l’incidente stradale del 18 gennaio 1992 che ha coinvolto Eluana? A seconda della risposta discende una particolare teologia e una particolare etica. Io rispondo che dio non ha voluto l’incidente. L’incidente, però, è avvenuto. In che modo allora il mio negare che dio abbia voluto l’incidente non contraddice il principio dell’onnipotenza divina? Solo pensando che dio voglia sopra ogni cosa la libertà del mondo, e precisamente questa è la mia profonda convinzione. Il fine della creazione è la libertà, perché solo dalla libertà può nascere il frutto più alto dell’essere che è l’amore. Ne viene che la libertà è la logica della creazione e che la più alta dignità dell’uomo è l’esercizio della libertà consapevole deliberando anche su di sé e sul proprio corpo. E’ verissimo che la vita è un dono di dio, ma è un dono totale, non un dono a metà, e dio non è come quelli che ti regalano una cosa o ti fanno un favore per poi rinfacciartelo in ogni momento a mo’ di sottile ricatto. Vi sono uomini di chiesa che negano al singolo il potere di autodeterminazione. Perché lo fanno? Perché ospitano nella mente una visione del mondo all’insegna non della libertà ma dell’obbedienza a dio, e quindi sono necessariamente costretti se vogliono ragionare (cosa che non sempre avviene, però) a ricondurre alla volontà di dio anche l’incidente stradale di Eluana. Delle due infatti l’una: o il principio di autodeterminazione è legittimo perché conforme alla logica del mondo che è la libertà (e quindi l’incidente di Eluana non è stato voluto da dio); oppure il principio di autodeterminazione non è legittimo perché la logica del mondo è l’obbedienza a dio (e quindi l’incidente è stato voluto da dio). Tertium non datur. Per questo io ritengo che la deliberazione della libertà sulla propria vita non solo non sia relativismo, ma sia la condizione per essere conformi al volere di dio. Il senso dell’esistenza umana è una continua ripetizione dell’esercizio della libertà, a partire da quando abbiamo mosso i nostri primi passi (…) In questa prospettiva ricordo alcune parole del Cardinal Martini: “E’ importante riconoscere che la prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo ed assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana, dignità che nella versione cristiana e di molte religioni comporta una apertura alla vita eterna che dio promette all’uomo. Possiamo dire che sta qui la definitiva dignità della persona… la vita fisica va dunque rispettata e difesa, ma non è il valore supremo e assoluto”. Il valore assoluto è la dignità della vita umana che si compie come libertà”.
Infatti: i diritti sono sanciti e tutelati dalle leggi – prima tra tutte la Costituzione. La Libertà individuale è qualcosa che appartiene ad ogni singolo essere vivente – non deriva il suo esercizio da una legge che ne sancisca l’effettività. Che poi ci siano leggi che restringano l’assolutezza di quella libertà come strumento necessario e condiviso di convivenza collettiva è un altro discorso (ampiamente spiegato e motivato nel mio scritto).
I diritti esistono solo all’interno di un sistema di leggi che li sancisca e li tuteli. Fuori non c’è niente, non ci sono diritti a prescindere. O meglio ci sei tu che pulisci i cessi a frustate.