“Si tratta di far si’ che la natura riprenda il suo corso e di rispettare il diritto alla morte cosi’ come si deve rispettare quello alla vita: interrompere l’alimentazione artificiale a Eluana non e’ la ‘consumazione di una vita’ ma far riprendere un percorso naturale che e’ stato interrotto non al momento dell’incidente che ridusse in coma mia figlia, ma quando furono adottati i protocolli di rianimazione che hanno portato Eluana allo stato che conosciamo: il coma vegetativo permanente. Questo e’ innaturale. Lo stato in cui versa e’ stato creato clinicamente, contro natura. Da questa condizione ne deve uscire in modo altrettanto clinico seguendo, comunque, tutti i protocolli in rispetto della sua dignita’ umana”
“Io non voglio insegnare niente a Bagnasco – ha precisato papà Beppino – perché come tutte le persone ha il diritto di esprimere la propria posizione che, in questo caso, ricalca il magistero della Chiesa ma la Chiesa rispetti le volonta’ di Eluana”.
Questo, nella filosofia Leviatana, è ciò che più si avvicina al concetto
di Santo Padre
Sergio Manna (pastore valdese):
“Eluana è in stato vegetativo da 17 anni, inchiodata ad un letto, priva di coscienza, prigioniera di un corpo che è diventato il suo sarcofago. Nel suo caso non sembra esserci alcuna possibilità di ritorno alla vita. Ciò che si sta prolungando non è la vita: semmai l’agonia. Eluana stessa, prima dell’incidente che l’ha ridotta in quello stato, aveva manifestato la volontà di non essere tenuta in vita artificialmente se le fosse accaduto qualcosa. L’aver visto un amico in coma l’aveva portata a quella decisione. Vari tribunali, dopo aver esaminato ogni cosa, hanno dato finalmente ragione ad Eluana ed ai suoi genitori. Ma la chiesa cattolica e i politici che dipendono troppo dal suo voto gridano allo scandalo e non si vergognano di pronunciare parole durissime contro il padre di Eluana e contro quelli che intendono rispettare la legge, l’autonomia e la volontà della persona. Beppino Englaro, un uomo consumato dal dolore, viene definito con arroganza come un padre snaturato. Io ho la sensazione che a chi ha trasformato questa situazione dolorosa in una battaglia ideologica non importi nulla né di dio né di Eluana. Immagino cristo seduto ai piedi del suo letto, che le prende la mano e finalmente la libera da quel corpo divenuto il sarcofago del quale è stata prigioniera per tutti questi anni; Gesù l’aiuta ad alzarsi per portarla con sé, donarle pace e riposo in attesa della resurrezione. Oggi accenderò una candela e la metterò davanti alla finestra del mio studio, sarà questa la mia preghiera. Amen”.
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Non tutte le chiese sono uguali.
Occhio all’otto per mille
Più libera
Quello che ho provato e pensato a partire dalle ore 14.20 di ieri, venerdì 6 febbraio, non è nulla in confronto a ciò che avrà provato e pensato il signor Beppino Englaro, vero Santo Padre di tutta questa storia di amore, ignoranza oscurantista religiosa e irrazionalità medievale – condita da eversività politica e piccolezza umana (oh cristo, mi fermo qui, mi sto infervorando di nuovo e non devo).
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cattolicesimo fondamentalista direttamente in contatto con la volontà ed il pensiero del pupazzo invisibile dei cieli
padre livio (radio maria): “Una decisione che salvasse Eluana illuminerebbe la persona di Napolitano e gli otterrebbe la benedizione di dio già su questa terra, oltre che nella vita eterna”
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cattolicesimo laico di stato
Oscar Luigi Scalfaro: “Taluni, in omaggio ai sacri principii, emettono sentenze definitive e giudizi irrevocabili. Sono cose inaccettabili. Incivili. Se qualcuno le fa in nome dei principii cristiani, io credo che i principii cristiani parlino di amore, di carità, di comprensione, di partecipazione alla sofferenza. Ma non vedo cosa c’entri con i principii cristiani un’invasione così aggressiva dello spazio di libertà di ciascuno”.
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Santo Padre
Beppino Englaro: “Non è concepibile che un essere umano sia condannato a vivere in eterno, se non vuole, se non accetta di essere invaso dalle cure inutili. (…) Se io sono malato, ma ancora vivo e presente a me stesso, ho la possibilità di rifiutare idratazione e alimentazione, a prescindere se siano terapie o cure. Ora, com’è possibile che nel momento in cui perdo conoscenza, non può più essere valido quello che era valido un minuto prima? Ha senso? Non è un teatrino? Possono i cittadini tollerare qualche cosa di illogico?”
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L’unica cosa logica – in tutto questo – sarebbe che Napolitano nominasse Beppino Englaro senatore a vita (se ciò fosse in linea con i dettami della Costituzione italiana).
Perchè oggi – in questo paese laido, razzista, fascista e martoriato dalle brutture retrograde di una razza di politicanti senza senso di nulla se non di asservimento alla protervia di clericali ipocriti guidati dal peggiore papa possibile di una chiesa sporca e violenta e anti-cristiana – oggi Beppino Englaro incarna solitario il significato della parola Libertà. E non libertà per sè, per sua Figlia: ma libertà più in generale, per tutti, libertà dell’uomo.
Perchè la nostra, la vicenda di spettatori colpiti di striscio, è la vicenda di cittadini e pazzi fomentatori di morte ideologie, politiche o religiose che siano.
La sua, invece, è una vicenda di un Uomo, di un Padre e di una Famiglia. Che di riflesso rilancia il senso di comunità, di legge come viatico di convivenza, di dignità, rispetto e libertà per ogni individuo.
Non esiste un diritto alla vita che preceda il diritto alla libertà, perchè la libertà non è un diritto qualunque, ma quello su cui si fondano tutti gli altri.
Ci tornerò.
“La sentenza della Cassazione non impone la fine della vita di Eluana Englaro: stabilisce che si può procedere con “l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante alimentazione di sondino nasogastrico”. Questo atto di interruzione chiesto da un padre-tutore per una figlia in stato vegetativo permanente dal 1992, per la giustizia italiana non rappresenta dunque un omicidio ma l’esecuzione di un diritto previsto dall’articolo 32 della Costituzione, il diritto a rifiutare le cure.
Con questa pronuncia, la Cassazione afferma con chiarezza che l’alimentazione forzata artificiale è un “trattamento sanitario”, secondo la formula della Costituzione: mentre il decreto in un unico articolo che il governo ha pensato di varare nega proprio questo principio, e dunque non consente di seguire l’articolo 32, vincolando quindi il malato a quell’alimentazione artificiale per sempre. Per aggirare la Costituzione, si cambia il nome e la natura ad un trattamento praticato nelle cliniche e negli ospedali, lo si riporta dentro l’ambito del cosiddetto “diritto naturale”, fuori dalla tutela dei diritti costituzionali.
Ma in questo modo, attraverso il decreto, saremmo davanti ad un aperto conflitto tra due opposte pronunce non solo sulla medesima materia, ma sullo stesso caso: una sentenza della magistratura e un provvedimento d’urgenza del governo con vigore immediato di legge. Solo che nel nostro ordinamento il legislatore può cambiare il diritto finché una sentenza non diventa irrevocabile, cioè non più impugnabile, vale a dire passata in giudicato. Non siamo dunque soltanto davanti ad un conflitto: ma al problema dell’ultima parola in democrazia, al principio dell’intangibilità del giudicato, alla regola stessa della separazione dei poteri. Senza quel principio e questa regola, una qualunque maggioranza parlamentare a cui non piace una sentenza “definitiva” la travolge con una nuova legge, modificando il giudicato, intervenendo come supremo grado di giudizio, improprio, dopo la Cassazione.
Naturalmente il Parlamento è sovrano nel potere di legiferare su qualsiasi materia, cambiando qualsiasi legge, qualunque sia stato il giudizio in merito della magistratura. Ma questo vale per il futuro, non per i casi in corso, anzi per un singolo caso, per un solo cittadino, e proprio per vanificare una sentenza. Si tratterebbe di un decreto contro una sentenza, definitiva: e mentre la si attua. Nemmeno nell’era di Berlusconi, dove si è cambiato nome ai reati, e si è creata un’immunità speciale del Premier, si era giunti fino a questo punto, che rende il legislatore giudice di ultima istanza – quando lo ritiene – e viola l’autonomia della funzione giudiziaria”.
Ezio Mauro
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Fine stato di diritto, fine separazione dei poteri,
fine della democrazia, fine di tutto.
Altro che fine della vita.
“Non si illudano, coloro che si sentono difensori della Vita, e hanno proclamato gli altri adepti della Morte. Non è stato questo il punto, non lo è, non lo sarà. C’è una scelta che vuole sequestrare le persone a se stesse, e una che le vuole lasciare responsabili di sé. Chi ha sostenuto il signor Englaro in tanti anni non ha voluto altro che questo. Che fosse riconosciuto che nessuno avrebbe potuto decidere meglio di lui e di sua moglie, che ricordano e immaginano la volontà della loro figlia, finché ebbe una volontà. Qui corre la differenza che vorrebbe lacerare la coscienza di un paese. Da una parte, rispetto vero e vero affetto per qualunque esito si voglia per sé e per i propri cari – un’assistenza a oltranza, senza alcuna riserva e alcuna scadenza, o la rinuncia e la fine. Dall’altra, in nome di un’assolutezza, l’imposizione di una via forzata, a costo del trafugamento dei corpi e del sequestro delle persone. Al costo di trasformare un acquisto della cura – la nutrizione artificiale – in alimentazione forzata per volontà di Dio e legge dello Stato”.
“Quello che decide è l’immedesimazione nella vicenda di quella famiglia. Che cosa vorrei per me, che cosa vorrei per le persone che amo? E qualunque risposta particolare dia a questa domanda, c’è una cosa che non posso volere: che altri, autorità di ogni rango, ministri dello Stato e della Chiesa e della Scienza, mi esproprino della mia libertà di vivere e di morire. È perfino buffo che si deprechi la presunta sfrenatezza “individualista” di questa strenua volontà. Non si vive soli, e sarebbe piuttosto il sequestro di una legge o di un macchinario a far morire soli”.
Adriano Sofri
http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/eluana-eutanasia-7/eluana-sofri/eluana-sofri.html
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Un padre, che in assenza di leggi ha colmato i vuoti, passaggio legale dopo passaggio legale, dai primi passi mossi insieme all’avvocato Maria Cristina Morelli a questi ultimi che l’hanno portato a vincere anche in cassazione, ha quindi il “diritto-potere” di esercitare come di rifiutare le cure in nome e per conto di sua figlia. Papà Beppino, che dal 2008 diceva di essere “la voce di Eluana”, può dunque farla sentire e sostenere che quell’ “invasione di mani altrui”, dopo 17 anni e otto giorni di stato vegetativo persistente, va rifiutata. “Il rifiuto delle terapie mediche, anche quando conduca alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto – così si legge nella sentenza del Tar – un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale”.
Non si può dunque, come sarebbe potuto accadere in base ad alcune prese di posizione politiche, “essere curati a oltranza”. Alimentazione e nutrizione costituiscono terapie e sospenderle non equivale a eutanasia omissiva”. “Il diritto costituzionale di rifiutare le cure, come descritto dalla suprema corte, è un diritto di libertà assoluto, il cui dovere di rispetto s’impone erga omnes, nei confronti di chiunque intrattenga con l’ammalato il rapporto di cura, non importa se operante all’interno di una struttura sanitaria pubblica o privata”.
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Ho ricopiato e incollato perché quello che penso di questa vicenda l’ho scritto sin dall’inizio, consapevole io che il mio stesso dovermi fare un’idea di tutta questa storia (che pure seguo da anni) costituiva un’ulteriore, minima, trascurabile, ma ulteriore indebita ingerenza nella vicenda privata, umana, personale e familiare di un padre, una madre e una figlia.
Il link della sentenza del T.A.R.:
http://static.repubblica.it/milano/pdf/tar_1.pdf
Una sola cosa altra: oggi pensavo che Socrate e Sofri agirono perché dovevano difendersi dall’uomo. Provarono a farlo con la legge e dentro di essa, perché quello era l’unico viatico di “stanca convivenza”. Il Santo Padre di questa vicenda ha agito per difendere sua figlia e riconoscerle la sua unicità, irripetibilità e dignità dinanzi agli esiti della vita e della natura – il suo esclusivo diritto alla vita, con tutto ciò che comporta. E ciò facendo, ha creato i presupposti per permettere a chiunque (com’è bello quel passaggio: IL DIRITTO COSTITUZIONALE DI RIFIUTARE LE CURE, COME DESCRITTO DALLA SUPREMA CORTE, È UN DIRITTO DI LIBERTÀ ASSOLUTO, IL CUI DOVERE DI RISPETTO S’IMPONE ERGA OMNES) di difendersi da altri uomini, sulla propria pelle, dentro e con la legge, per il sacrosanto diritto di esclusiva sulla nostra persona, l’habeas corpus inviolabile. Solo per questo, oltre alla mia infima ma infinita gratitudine di cittadino, meriterebbe di essere eletto Senatore a vita, se solo quella istituzione dello stato fosse alla sua altezza Morale.
Il prelato, gli ipocriti blasfemi della divinità, continuano a sostenere che esiste un diritto alla vita, ma non un diritto alla morte, come se le due cose fossero separate, come se tutto il loro castello di fandonie non si reggesse sulla dicotomia unitaria dei due estremi di un solo circolo. Riconoscono il libero arbitrio ma solo quando è in linea con la volontà del loro fantoccio invisibile dei cieli? Contraddittorio – come il resto del sistema.
Ma questo non è uno spazio di rancore.
Questo è lo spazio di un grato e commovente dolore.
Ci sarà il giorno del
Finalmente
sacconi
di lercia spazzatura
morale
fondamentalista religiosa
putrida cappella di esternazioni
mediatiche concentriche
referenziali slegate
da qualunque senso di rispetto
di rispetto
di rispetto
umano
per la libertà
qualunque sia la forma
del suo contenuto
e del suo umano
umanissimo contenitore
sacconi ipocriti
spazzati via
(l’unica vettura
per scappare da
tutto ciò
sarebbe una Mercedes)
via
il giorno del
– arriverà
è la storia a scritturarlo
– Finalmente.
Stralci di Sofri
“Ancora una volta, una gran parte della gerarchia della chiesa e dei suoi paladini laici ha mostrato dietro l’oltranza della difesa di una vita una mancanza di amore per le persone. E’ stato impressionante vedere quale enorme potenza si misurasse con un uomo solo come lui – solo, con sua moglie e sua figlia, e l’obbligo d’amore verso di lei. Il silenzio (di pio XII) di fronte allo sterminio di milioni, una tempesta di tuoni addosso al signor Beppino Englaro. Non so come lui non sia impazzito: ma la sua spropositata solitudine gli ha fatto crescere attorno la solidarietà affettuosa di una comunità civile. Niente di politico o di ideologico: ma il trasporto di persone via via più decise a mettersi nei suoi panni, a immaginarsi lui o sua moglie – e anche a immaginarsi Eluana. Questa immedesimazione significa sperare di essere liberi di sé, poter contare sul proprio vero prossimo, non essere espropriati della propria vita, e della propria morte. Resto interdetto quando sento che non esiste un diritto a morire, ma tutt’al più una libertà di morire. Noi umani siamo condannati a morire, ma siamo anche liberi di morire. Senza di che saremmo solo condannati a vivere – è questa condanna che l’integrismo religioso chiama “dono”, così da proibircene il rifiuto. Se immaginassi di trovarmi in una condizione irreversibile di coscienza e di essere alimentato artificialmente per anni – diciassette anni Eluana – senza che qualcuno potesse liberare, con me, chi mi vuole bene, impazzirei. Questo è quello che pensa e sente un’enorme maggioranza di cittadini. Mai parole (della chiesa) così dure furono pronunciate contro la vera pena di morte, nemmeno quando il vangelo è lì a suggerirle. Questa insopportabile invadenza sarebbe la più ammirevole e benvenuta, se avesse ragione. Magari fosse praticata con una simile intransigenza contro le tirannidi terrene. Ma non ha ragione. Chiama morte per fame e per sete la sospensione di una terapia complessa come l’alimentazione artificiale in uno stato vegetativo senza ritorno. Chiama condanna capitale il desiderio di lasciare andare una vita che si sarebbe spenta da tanto tempo. Chiama fedeltà ai principii il rifiuto di misurarsi con le vicende singolari, e rigore morale il disprezzo per il dolore e la pietà delle persone”.
“La Cassazione dice quello che tanta gente comune sa, e cioè che dare al paziente il potere di mettere un limite alle cure è una cosa giustissima. E non significa affatto uccidere. I magistrati hanno cercato di entrare nei panni di una persona che non sono io, ma è Eluana. Con le sue idee, la sua forza della libertà, con il suo stato vegetativo irreversibile. Una condizione che non esiste in natura, mentre qui da noi la medicina si può spingere all’estremismo dell’alimentazione forzata, della cura anche quando non serve più. I medici fanno il massimo, ne ho rispetto, ma se si entra nei loro protocolli… Insomma, non ci era permesso di dire: no, grazie. Per me no, questo splendore della scienza e della vita intesa come respiro non la voglio. Eluana ha avuto ragione, io sono stato la sua voce”.
E’ vero, ieri sono stato forse retorico, a distanza non si capirà bene l’enfasi – è un mondo che cancella tutto. Ma ero scosso emotivamente, mi capita anche “fuori-grotta”. Oggi sono più compatto, nel parlare anzitutto male – e giustamente – della chiesa e dei prelati, che sono solo delle persone vuote, ipocrite e fottutamente terrorizzate dall’idea della morte – e della vita reale, quella che si batte, si sporca le mani, soffre, ama, pena, vince, sorride, piange di gioia e di dolore.
Questi melliflui e mediocri impiegati di un’azienda che lucra denari sulle paure più umane e millenarie, questi parassiti di un dio più parassita di loro, se ne tornino a venerare le loro stupide parole gesuitiche ed i loro codicilli bibbieschi applicati ad un mondo di cui non sanno nemmeno una virgola, cioè il mondo della vita e degli esseri umani, dei padri, dei figli e del dolore.
Per voi – insulsi ed immorali figuri – consumerò sempre la bestemmia della parola retorica.
State ad Englaro come – nella vostra lingua falsa e corrotta dal mercimonio – il vostro dio (il pupazzo invisibile dei cieli, fonte di ogni luminosa gioia… puah!) sta al dio degli inferi e del male.
voi avete paura della morte perchè lì si disvelerà il vostro fallimento, e la rinuncia a tutti i privilegi di cui godete mettendovi in bocca quel vuoto di tre lettere tre.
l’unica ragione che mi fa rimpiangere l’inesistenza del feticcio in cui credete è che tre secondi dopo la vostra morte vi avrebbe sterminato nell’inferno.
Ma questo non è luogo per risentimento, parole crude ed odio incalzante. Non lo merita la sezione in cui mi trovo, nè il luogo, nè il senso più alto che io vi attribuisco.
Volevo lasciare impressa la data in cui un uomo, battendosi per amore della sua figlia, ricordò a tutti noi una verità assai umiliata in questi tempi di regime e di deserto caleidoscopico. Che noi disponiamo della nostra morte tanto quanto della nostra vita, che è unica ed irripetibile.
E nessuno deve e può intaccare questo principio universale di rispetto. che si chiami scienza, medicina, chiesa, prete, dio o altrui.
E se questo mio scritto dovesse mai tornarmi utile in futuro, che si sappia come la penso e come la penserò.
“Resisto e basta, mi rasserena un po’ aver fatto tutto il possibile alla luce del sole e se poi sto male non mi va di dirlo in giro. E non rispondo al vaticano, non rispondo a nessuno, ognuno dica quello che vuole, io oramai la mia strada so qual è e la percorro con la coscienza pulita, con la voce più limpida che posso, con il totale rispetto di quello che voleva mia figlia Eluana”.
Stavo finendo di ricopiare qui le parole di quello che – nella filosofia Leviatana – è un vero Santo Padre. Poi leggo che la Cassazione ha deciso.
Ora che Papà Beppino darà riposo alla figlia, mi piacerebbe che mi sentisse un po’ suo figlio, perchè per me è davvero un Padre Santo.
2000 anni di menzogne spacciate per Verità non mi hanno dato nemmeno una briciola della luce interiore che Papà Beppino ha sparso come un faro, solo contro il mondo, semplicemente per Amore.
Sei davvero un grande Uomo ed io ti voglio bene sul serio.
Come Osservatorio detta, così regione formigona ciellina dispone.
….poi, sempre più risentiti dal fatto che masse di fondamentalisti non vadano dal vero Santo Padre di tutta la vicenda ad inibirgli di staccare la spina, con forconi, minacce di inferni perenni e quant’altro, i prelati mandano in avanscoperta l’illustre storica Lucetta Scaraffia a sostenere – sull’osservatore romano – che la morte cerebrale non è sufficiente affinchè si possa parlare di morte effettiva. In primo luogo, mi viene da pensare che quell’affermazione sia tautologica, e dimostri appunto che una persona a cervello zero sia tuttavia da considerarsi viva, per quanto spari cazzate che non stanno nè in terra nè in cielo (ovviamente). Poi però, non pago di questa autoreferenzialità del cazzo, indago meglio, e leggo che: “basare la morte effettiva sull’encefalogramma piatto è un criterio superato – e dunque da rivedere – alla luce dei progressi della ricerca scientifica”.
E ci ricascano, i senza dio: non è il pataterno, dunque, a definire e prolungare il concetto di vita e morte: ma la scienza.
La scienza, i suoi progressi – tutti umani – ed il tempo.
Mi tocca dunque ripetere – in ciò non ci sono progressi della scienza che tengano – la conclusione del post precedente: i fondamentalisti cattolici non fanno altro che essere ancora più blasfemi agli occhi di quel dio di cui si nutrono con parole vuote, insulse e infernali.
Sullo sfondo, la luce di ammirazione e commozione per il Santo Padre Beppino continua a progredire.
il frutto imperfetto della scienza medica” ovvero il progresso tecnologico in campo medico. mi hanno fatto pensare ad una cosa, un concetto informe poi definito con chiarezza dopo aver letto una considerazione di Ignazio Marino che riprende una citazione del suo maestro, Thomas Starzl: “l’esistenza di una tecnologia non può trasformarsi in obbligo ad utilizzarla”.
Ciò che i fondamentalisti cattolici – coloro insomma che devono pregare dio che dio non esista perchè altrimenti friggeranno all’inferno per l’eternità – ciò che non capiscono, è che la loro strenua difesa del diritto alla vita in quanto dono del suino (sui – divino) altro non è che una divinizzazione della tecnologia fine a se stessa e del potere che l’uomo si è dato per l’onniscienza ribadita dell’uomo, al di fuori di ogni lecita concreta fattiva morale compassionevole e solidaristica.
In sostanza, il fondamentalismo cattolico, nella sua puerile battaglia per la difesa della vita sta difendendo non dio, ma una macchina inventata da un uomo.
30 anni fa, di fronte ad una vita che muore contro un albero per assenza di una macchina che ne prolunghi ad libitum lo stato vegetale, si sarebbe raccolta a pregare la misericordia di dio.
oggi, la stessa plebaglia fondamentalista, inneggia alla macchina che nutre una vita vegetale, macchina creata dall’uomo, non recapitata da dio insieme alle tavole della legge.
Pertanto, i fondamentalisti cattolici non fanno altro che essere ancora più blasfemi agli occhi di quel dio di cui si nutrono con parole vuote, insulse e infernali.
Senza capire chi sia davvero, in questa storia, il Santo Padre.
“Chiedo solo, oggi come ieri e come sempre, il rispetto della volontà di mia figlia, che non avrebbe sopportato questo stato innaturale, perchè non esiste in natura lo stato vegetativo permanente, è solo il frutto imperfetto della scienza medica”.
Sempre Santo Padre