Ricevo da un caro amico questa considerazione: “della capacità degli eventi funesti di riunire tutti gli elementi di una famiglia che (ri)scoprono all’improvviso di esserlo, come non l’avessero mai saputo; e di come poi, passato un discreto intervallo temporale, la situazione torni ad essere quella precedente l’evento, caratterizzata dalla tipica apatia”.

ottimo argomento. L’evento funesto, come quello tecnicamente gioioso (matrimonio, feste comandate, nascite) è un rito sociale che, come tale, affonda le sue radici nel nucleo ancestrale ed arcaico della società, cioè il legame di sangue, la famiglia. Tuttavia, l’evento luttuoso ha un elemento che lo contraddistingue e lo differenzia dagli altri rituali sociali familiari: e cioè, che ad esso partecipano tutti gli elementi di quella famiglia tranne uno, che poi è il pretesto della riunione: il morto. questo rituale scaturito dalla venuta meno di un elemento della famiglia ingenera negli elementi superstiti la riflessione sulla caducità dell’individuo e della stessa famiglia, destinata ad estinguersi. Ha dunque in sé un elemento catartico e sconcertante ben superiore a tutte le altre occasioni di riunione dei membri di un nucleo familiare, e suona come sinistro monito. in quei frangenti si è tentati dunque di sentirsi “più uniti che mai”. Ma, nei giorni che seguono, tutto ciò scompare di fronte alla normale quotidianità ed anzi, viene quasi rimosso, per la naturale tendenza a distanziarsi dal concetto di morte. Ecco perchè di solito, a dispetto delle beate parole del nulla, la morte di un familiare piuttosto che unire i superstiti, tende ad allontanarli maggiormente.

VECCHIOLEVIATANO 2020