Paradosso uno: Come la si pensi, è logicamente valida l’idea che sarebbe stato meglio non nascere. Non esiste bilancio più negativo di quello esistente, per tutti gli esseri umani e per tutti i tempi, tra gioie e dolori. Anche la vita più sublime sconta un orrore intrinseco finale e definitivo: quello di dover essere prima o poi abbandonata. Non nascere ci solleva da ogni dolore: è lo stato di atarassia e di pace per antonomasia. Tuttavia, ecce paradosso: solo nascendo ovvero vivendo è possibile arrivare a questa conclusione.

Paradosso due: Come la si dica, la parola è l’invenzione che ha cambiato il destino della nostra specie tra le specie, nei millenni – distinguendoci per presenza di mente e dunque di anima dal resto dell’universo conosciuto. Eppure, la parola è inadeguata, incapace ed impotente a rappresentare ciò che ci fa uomini tra gli uomini, cioè il sentimento e l’emozione, ma non solo: quanto più uno stato d’animo è vasto e profondo (mai sentita, mai pronunziata l’espressione: di fronte ad una cosa così immensa non ho parole? )- ecce paradosso – tanto più la parola è incapace a rappresentarlo

Paradosso tre: Lo stato d’animo più vicino al sublime emotivo si raggiunge con la musica che non si serve di parole e che però, senza le pause ed i silenzi non potrebbe esistere – nel modo in cui la conosciamo e nel modo in cui riesce a sopperire all’impotenza della parola di fronte all’emozione pura. Pure e pertanto, ecce paradosso il silenzio stesso diventa l’unico elemento di connessione, di contatto, e di sintesi tra parola e musica. La pausa.

Paradosso quattro: Il tempo procede, secondo la logica e la fisica del nostro universo, in una apparente direzione: dal passato al futuro. Crediamo che il passato sia immodificabile ed il futuro, libero da ipoteche del destino, sia tutto da scrivere. Eppure, ecce paradosso, per la nostra specie, l’unica che concettualizza il senso di questo tempo, è il futuro che, non esistendo ancora, non può mai essere modificato, a differenza del passato che viene modificato costantemente dal ricordo, mutevole, soggettivo, aleatorio, confuso, certo solo di ciò che si vuole o si è sicuri di ricordare.

Ognuno dei 4 paradossi precedenti costituisce o meglio è sovrapponibile a ciascuno dei 4 elementi naturali basici: acqua/aria/fuoco/terra; e questa quinta dimensione del ragionare chiude il cerchio e costituisce la completezza e perfezione del ragionamento e dei paradossi sferici.
In linea di principio, il primo paradosso è rappresentato dall’acqua – come elemento primordiale da cui nasce la vita, ogni forma di vita; il secondo paradosso è rappresentato dalla terra – come elemento che ha fatto dell’uomo il culmine tra le molteplici razze esistenti sul pianeta, quella cioè in grado di rivoluzionare il destino stesso del pianeta terra; il terzo paradosso è rappresentato dal fuoco – come elemento che evolve attraverso forme, colori e temperatura, in stati continui e volatili, come musica dei tempi e possanza di emotività e passioni ; ed il quarto paradosso è rappresentato dall’aria come simbolo del divenire, il respirare e l’evolvere.

Il quinto paradosso, è che tutto questo ragionare è solo un mucchio di Parole: l’Universo Infinito di tutto ciò se ne frega. Ma questo fregarsene è un concetto che posso esprimere io, non l’Universo Infinito, perché è l’uomo – non l’universo – che ha inventato la Parola.

Ci ritornerò.

VECCHIOLEVIATANO 2018