“Esiste un solo modo per dimostrare le cose che si dicono: semplicemente dicendole.
Allo stesso modo in cui, non dicendole, si dimostrano le cose che si pensano”

Vecchioleviatano 2017

Nel momento in cui si esibisce e si mostra, la parola si DI-MOSTRA, mostra cioè se stessa, e quello basta: non è l’impegno che contiene a fare una differenza tra il dire e l’eventuale poi, l’eventuale fare o il disfare stesso, il disfare se stessa. Qui non si ragiona di un tema a puntate, non c’è una premessa e una conseguenza, qui è una parola, anzi: LA parola, che producendosi produce se stessa, che mostrandosi dimostra la sua essenza e la sua esistenza. La parola detta mostra se stessa e basta, si automostra e quindi dimostra senza bisogno di un prosieguo, di una ulteriore dimostrazione.
Ciò che non può mostrare, e quindi di-mostrare, è il pensiero che ci sta dietro, che è dietro di essa e dietro in generale, perché ogni parola esibita è, che lo si voglia o meno, il risultato di un pensiero, logico o illogico, motivato, istintivo, ragionato inconscio, quello che sia quale che sia.
Sicché, l’unica cosa logica e razionale, è che il pensiero, come tale non disvelato, non mostrato – a differenza della parola che si svela – è dimostrato solamente dal suo opposto, dall’opposto della parola, cioè dal silenzio. Il non mostrato è per forza di cose mostruoso, e cosa è più eloquente del silenzio per mostrare un mostruoso indimostrabile?
In sintesi, il pensiero è indimostrabile nel senso che non viene mostrato, quindi è muto. La parola, essendo l’opposto del silenzio, dimostra la sua esistenza mostrandosi, esattamente e specularmente al modo in cui, da dietro le quinte, il pensiero dimostra la sua esistenza non mostrandosi.

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E quanto è rassicurante tutto questo pensiero, scritto ma non detto, composto di parole che il pensar non me le dette ma le dettò non maledette, in questi stessi tempi impensabili che non doveva andare così, non dovevano dirsi così, per finire senza parlarsi più.