nella mia indubbia solitarietà, in parte scelta, in parte obbligata ed in partenopea (come da citazione sensata), ed in cui la percentuale di articolazione tra le 3 parti varia decisamente in funzione dei giorni, delle epoche ed anche delle singole ore, ci sono tratti buoni e tratti no. Ma questo vale per chiunque nelle proprie soggettive circostanziate, ed in effetti volevo introdurre il mio ragionamento con un’affermazione di lodevole banalità per rimarcarne la totale differenza rispetto alla mia esperienza. Tanto più che inoltre l’introduzione non è affatto legata al pensiero che segue, e quindi ha con esso un suo illogico legame. Questo lampo accadde al culmine di una curiosa visione, sensazione molto valida, pregna, decisa e forte che ho avuto ieri sera: quella di essere un alieno. Ma non nel senso che tutto mi appare strano, bizzarro, che a volte ci si sente come se ci si vedesse dal di fuori, e ci si vede completamente avulsi e differenti dagli altri, e quasi totalmente insoddisfatti di sé, di tutto, ed essenzialmente si comprende in coscienza sorridente amara di essere dei disadattati apocalittici. No no: io, mi è sembrato proprio che sia andata così: esseri alieni, che vivono in dimensioni spazio-temporali a noi astruse ed inconcepibili, hanno un giorno incrociato questo bizzarro granellino a forma di pisellino sperso nell’universo infinito, si sono guardati la fiction dei millenni accadutasi al pianeta, e poi – per entrare meglio nella serie – ognuno di questi indefinibili alieni ha scelto un essere umano, secondo criteri tutti suoi, come quando devi fare la partita di calcetto sei il capitano butti il tocco e devi sceglierti i compagni di squadra (diciamo il concetto è mutuato, ma per dire – mi è venuto così), là invece quello ha detto : io voglio essere questo tizio. certo ogni tizio scelto avrà avuto una vita di merda, morti, lutti, malattie, schiavitù, carestie ma all’alieno che se ne fotteva, per lui era preciso come per me sarebbe girare da protagonista il remake di un qualunque film, è un film! sono solo un personaggio! – e quindi l’alieno ora si agita dentro di me e si gode, dal suo punto di osservazione, tutte le sensazioni che una vita come la mia (come la tua, come la loro) può generare, produrre, sperimentare, sopportare, scoppiare. Insomma ieri l’alieno si è sgamato/rivelato totale, perché c’è stato un frame, un passaggio chiarissimo in cui quello mi ha fatto capire che il suo era appunto un esperimento, non ero io ubriaco, era lui lucidissimo che rifletteva su che strano impasto di tutto si agitava dentro di me, quanto di libero arbitrio ci fosse in me di me, quanto di lui, ora qui all’anno quasi 48 della mia comparsa. E attenzione: che comparsa è la parola chiave. Lui ha fatto questa capriola di riflessione insondabile e però, così, la radiazione di fondo mi è arrivata calibrata come la schiocca quando spartisce evi, ruoli e tratti di infinitume: qualunque cosa voglia dire.
Però comunque tutto a posto: a me è sempre sembrato, apparso come se/che ci fosse un qualcosa di strano, un riverbero alieno – quest’anno poi che me lo dico a fare, quest’anno è il buco del culo delle trapanature eterne galattiche. E mentre con l’occhio di “insostenibile meraviglia” (come da definizione di un altro mio fratello ben consapevole dell’alterità alienità dell’universo – ed a cui in un certo qual modo questo post è dedicato, essendo oggi il suo personalissimo “è funesto a chi nasce il dì natale”.) mi godevo un momento prolungato dentro l’unica cosa di natura femminile capace di accogliermi ultimamente per trarne un pur minimo giovamento, e dalla quale non ne esco però con la nausea o la petite mort, semmai con la cervicalgia a livelli parossistici, così dicevo, dall’occhio furbo mi è caduto distratto il velo della sostanza e dell’apparenza e ieri all’alieno svelato ho svelato questo mio segreto, ed oggi siamo un po’ più intimi.
Quindi chiunque tu sia, hai fatto bene a scegliere di essere me, per quanto la funestitudine del dì natale resti assolutamente inalterata ed in-alienabile.