si dice che in chiesa ci sia dio, o gesù, o giù di lì – letteralmente. e si vive in un’epoca orrenda ed atroce per la memoria collettiva, e per il rispetto di ciò che rappresenta il sale di quella memoria, cioè l’uso delle parole. Totalmente stravolte nel loro significato originario, e nella dedizione con cui esse si sono spese, nei tempi e nei secoli, ad indicare e rappresentare precisamente quella cosa lì, e giusto e appunto e calibratamente quella, poi lascia perdere le allusioni, le sfumature, le causate ambiguità – era parte dello stesso gioco, di parole che i più eletti rivoltavano per mostrarne l’altro volto. Ma oggi è solamente strame, per incuria, ignoranza, scientifico desiderio di sterminio per fini di dominio. Di esempi, adeguati ai tempi pessimi odierni, me ne vengono in mente a volo due, “negazionista” e “piuttosto”. il primo termine ha un significato espressamente coniato e legato ad un ben determinato periodo e fenomeno storico: indica infatti una “particolare forma di revisionismo storico, che nega la veridicità di alcuni avvenimenti, in particolare del periodo nazista e fascista e della seconda guerra mondiale”. Oggi, se io in strada non indosso la mascherina, sono negazionista. Fine dell’esempio raccapricciante, una volta colta la sproporzione aberrante. Piuttosto: è una congiunzione AVVERSATIVA, cioè serve a indicare che qualche cosa avviene o si sceglie a preferenza di altra dello stesso genere (INVECE DI, ANZICHE’); ed oggi viene usata come DISGIUNTIVA (OPPURE). Se io dico che voglio andare a zappare la terra piuttosto che stare sotto padrone, prova a vedere cosa succede se usi impropriamente la disgiuntiva in luogo (anzi: piuttosto) dell’avversativa e fammi sapere.

Ma da oggi, come d’incanto, esiste una parola che invece di essere usata impropriamente per dare una falsa interpretazione e rappresentazione della realtà, si piega ella stessa dolcemente alla realtà immodificabile delle cose e docilmente decide di adattarvisi: non mutando di genere e specie, ma solamente di un accento, di un piccolo accento che dalla prima slitta alla seconda sillaba, alla lettera “i”.

E me li sento pure, un domani, modificarne – i tifosi – anche l’espressione: non diremo “andiamo allo stadio Maradona”, ma “andiamo addò sta-dìo Maradona”. Sì, perchè quello “sta” diventerà un presente infinito, perché come dio sta in chiesa, Maradona sta in quello stadio, e lo si dirà in un sussulto orgoglioso di perenne gratitudine: (Lì ci) Sta Dìo Maradona. Quello sarà il tempio, non potrebbe essere altrimenti, l’Azteca è troppo alto, troppo lontano, troppo spoglio, e poi lo disse Lui che quella era casa sua.

L’unico caso al mondo in cui una parola cambia accento solamente in un preciso luogo, e per me – che sono solamente un riservato, accampato e sopravvissuto poeta e filosofo della Parola, questa cosa non poteva non meritare un pensiero parlato, pur nel mio lutto continuato.

Stadìo Maradona