Deliri e Demoni d'altri Disincanti

Penso che il linguaggio abbia un codice strutturale profondo e segreto, ma che resti comunque qualcosa di cui l'uomo si è dotato per suo diletto spirito di creazione. A differenza di tutto ciò che ci contorna, che preesisteva a noi e che possiede regole di natura alle quali noi possiamo e dobbiamo semplicemente adeguarci, il linguaggio – nei limiti delle finalità con cui viene speso – non si impicca per forza a regole e circuiti che possano essere tacciati di artificialità, od obbligatorietà. Come – cioè – esponenti lontani e successori secolari delle stirpi geniali che nei millenni lo generarono e codificarono, si dovrebbe rivendicare il diritto di appellarsi ad una illusione. Vale a dire che le sensazioni, le emozioni pure più mie ed irripetibili, che non posseggono un linguaggio esterno e nemmeno uno interno, possano esplodere la gabbia della lingua e possano procedere in una dimensione commotiva opposta a quella strumentalmente segnata dalle cifre della lingua. Ovvero, che sia il linguaggio dei pensieri e dei codici parlati ad assoggettarsi alle sensazioni ed ai moti dell'animo umano, piuttosto che rimanerne rinchiuso in una gabbia di regole e consecutio. Se è vero che le emozioni prescindono dal linguaggio (e prova ne sia che anche gli altri esseri viventi – animali in testa, hanno sensazioni inesprimibili perché prive di linguaggio, ma le hanno), allora io mi illudo di inseguire quel sentiero lastricato di candore, dove le mie parole diventino lo strumento malleabile, adattabile e flessibile di un gioco degli specchi, dove i miei suoni, i miei colori, le mie immagini più profondamente "dentro", ottengano l'omaggio di una fotografia su bianco carta, senza che il codice scritto prenda il sopravvento, ma lasciando che sia l'inarticolato mare di dolore e commozione interiore ad esprimersi come meglio crede, con gli strumenti che ritiene più adatti al frastuono di quella stessa Illusione.

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SISTEMA FILOSOFICO VECCHIOLEVIATANO

Filed Under: Sistema Filosofico Vecchioleviatano by vecchioleviatano

Feb.14, 2020

il Sistema Filosofico VecchioLeviatano è il risultato di una quantità indefinibile di riflessioni, saggi, aforismi, poesie, canzoni e scritti di svariata natura prodotti a partire dalla seconda metà degli anni ’80 fino ad oggi, ed in continuo costante accrescimento in funzione del trascorrere del tempo. Dentro c’è tutto, ed ogni parte ne richiama altre in un continuo interecciarsi di riverberi, calibrazioni, agganci, tessiture nostalgiche e coerentizzazioni delle scongruenze esistenziali tanto evidenti quanto apparentemente illogiche. Quest’ultima frase non significa molto, o proprio nulla: è stata infatti scritta a caso e diventa quindi emblematica e riassuntiva del senso dei testi e dell’intera operazione di pubblicazione. Questo Sistema, un corpus unico del 21° secolo, ha un debito di riconoscenza negli insegnamenti del Parmenideo divenire, dell’oscuro Eracliteo, dell’idealismo Platonico, della Logica Cartesiana, della critica Kantiana, del Pessimismo Schopenhaueriano, della riflessione sull’essere Leopardiana, della raggelante rappresentazione Kafkiana, della cristallina poetica Bukowskiana, della tragicità e preveggente solitudine Pasoliniana, e di tutto il resto che verrà progressivamente citato. Tutti gli scritti Tutti del Corpus Unico Sistema Filosofico VecchioLeviatano verranno pertanto inseriti da oggi in rete, a perenne memoria, in maniera del tutto casuale, senza seguire un impossibile da ricostruire ordine cronologico. E volta per volta, in questa sorta di presentazione che tale non è, si procederà ad aggiustare il tiro indicando i collegamenti a tutte le parti del Sistema presenti in questo blog. Scritto il compitino, vado a farmi un sigarino. Ma mai dimenticare la cosa più bella e banale: alzare il volume della Musica. Non troppo, non tanto, ma giusto il giusto, quanto può esser di gusto. Perché usare la musica delle parole come mi pare è l’unico tratto naturale dell’infelice specie cui rimpiango di appartenere.

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