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Nell’agosto del 1987 mio padre affrontava le curve della costiera sorrentina tra Meta e Vico Equense con la solita grazia invisibile. Questo lieve scivolare come cullato dal mare riflesso alla mia sinistra, permetteva a me – non ancora quindicenne, e beatamente immerso in una felicità consapevole da adolescente, ignaro assoluto che quella sarebbe stata l’ultima estate trascorsa insieme dalla nostra famiglia – di proseguire nella lettura, in vettura, di un giornale musicale.

Io ero reduce dal trionfo in campionato, il primo della storia azzurra; e dal trionfo in coppa italia, con record insuperabile di 13 vittorie su 13; dalla vittoria al roland garros, tramite Ivan Lendl; e dal primo anno di liceo, superato con voti da megalomane.

In pratica, nel mondo dell’adolescenza, io ero un genio.

Per questo motivo – e giuro, proprio per questo – mi insolentiva assai, durante quella memorabile lettura, l’accostamento dell’espressione “genio” ad un altro essere vivente, che in quell’anno aveva pubblicato un album totale. Mentre ripetevo nella mente una ad una le parole della lettura, presi una decisione, uno di quei colpi di testa stupidi o assurdi o geniali di quando si è ancora nel tempo dell’età in cui il mondo o è tuo o preferisci farne a meno, che nella motivazione intrinseca aveva qualcosa di incredibilmente adulto. Decisi insomma che per smantellare il mio nemico o, al più, il mio pregiudizio, io avrei consapevolmente studiato la cosa.

Fu così che ebbe inizio la mia storia d’amore con il Principe di Minneapolis.

Folgorato dal Segno dei Tempi, quando mesi dopo acquistai ed ascoltai Lovesexy, l’anacronistica posizione dell’anno precedente era stata rovesciata nel suo contrario: adesso, Lui faceva parte dei miei giorni, dei miei sogni, con una voglia di condividere, conoscere, riscoprire, esplorare ed idolatrare che non conosceva eguali.

I suoi lavori iniziali diventarono regali obbligatori in occasione del mio compleanno.

La prima videocassetta che registrai a scopo perennemente conservativo fu il concerto del 09 settembre 1988 trasmesso dalla Rai in occasione della tappa di Dortmund del Lovesexy tour.

Acquistai il libro dei testi delle sue canzoni con traduzioni a fronte.

Costrinsi mio cugino prima, e mio fratello poi, ad immortalarmi nudo sul divano nella stessa posa della copertina di Lovesexy.

Assistetti al concerto di Cava dei Tirreni del 18 luglio del 1990.

Tappezzai la mia stanza con un poster enorme.

Registrai i suoi tre film che, come tutto il resto sopracitato, conservo ancora con cura e dolcezza.

E benedissi questo mio amore, costantemente, dentro di me – per anni ed anni ed anni.

Tralasciando tutte le cose e tutti i ricordi che mi legano a Prince ed alle sue canzoni, il giorno in cui la fucilata della notizia della sua morte mi ha raggiunto, alle 8 della sera di un’ennesima giornata di orrendo lavoro, con un urlo disperato davanti al pc da fare accorrere un’altra persona al mio fianco, un enorme senso di disperata tristezza mi ha travolto.

Ho capito, oltre il consolante giro retorico pur vero dell’immortalità dell’artista, e della gioia di poterlo ritrovare ogni volta che lo desidero – lui, me adolescente, sorrento, la grecia, le canzoni, i libri a port’alba, i concerti a cava, i cd in macchina, i ritagli di giornali, i poster ed i testi, le cuffie, le imitazioni, le mossette, le occhiate, la spaccata, il walk-man e le cassette, e tutto quanto ed altro ancora, quando lo desidero, con un ricordo o una semplice canzone – ho realizzato davvero che:  Prince, lui proprio, in carne ed ossa, non c’è più in ogni caso, e che questo mondo, già miserevole di suo, ha perduto qualcosa di prezioso. Anche se in un angolino del pensiero, anche se lontano da me, anche se in un’intervista, un flash d’agenzia, uno scoop o un pettegolezzo spiccio, mi avrebbe rasserenato sapere di averlo ancora qui – a condividere con me questo tempo.

Dopo anni, ho riassaporato la retorica e bistrattata espressione di aver perso qualcosa dentro, per sempre; e di come questo sentimento faccia male, ed intristisca oltremodo, e sia – tra tutte – l’emozione che maggiormente ammutolisce. Perché non rimediabile, perché irreversibile.

Un sabato di fine aprile, quell’aprile in cui a volte nevica, ho rispolverato la prima videocassetta, il famoso concerto di Dortmund che, a giudizio unanime di me e del mondo dentro la mia vita, costituisce il capolavoro di un’Artista, l’apice del senso stesso della musica dal vivo, in una parola: uno dei più bei concerti del secolo. Ho rivisto il nastro con un’inesprimibile confusione di piacere, nostalgia, commozione e dolore. E con scientifico lavoro ho digitalizzato, una ad una, tutte le sue canzoni, nel breve arco di 8 ore, sistematico e ipnotizzato, come in missione nel viaggio del tempo. Ho quindi caricato sul mio canale youtube una ventina di video, come del resto milioni di altri fans stanno facendo da quel bastardo 21 aprile.

Forse il Principe di Minneapolis non avrebbe gradito: ma ognuno dimostra come può il suo amore.

L’anno scorso, di ritorno dalle vacanze, girovagando in un negozio di dischi trovo in offerta l’album da cui tutto nacque. Quando vado a pagarlo, il commesso dietro la cassa, appena più grande di me, mi lancia uno sguardo d’intesa, ed entrambi, senza bisogno di premesse, con parole sfavillanti di poesia e di energia cominciamo a parlare di Prince, rievochiamo e tratteggiamo il nostro personalissimo e comune Terremoto House che ci ha travolto per sempre. Lui, me e milioni di altri.

In questo lungo viaggio, il Principe di Minneapolis ci ha resi meno soli, affratellandoci in un grande, magnifico, monumentale suono emozionale. Liberandoci dai mostri che abitano troppe coscienze di questo mondo di catene e sangue: i fantasmi del conformismo, e del pregiudizio.
Una lezione di Libertà che dura da 30 anni, nata nelle stesse curve in cui la sera del 23 aprile – a 48 ore dalla sua morte –  e proprio mentre la radio trasmetteva le sue canzoni come omaggio, questa volta con me al volante, ed in direzione opposta – da Vico verso Meta – mi son trovato a piangere, per Amore e Gratitudine. Nello stesso preciso punto dell’agosto del 1987, a chiusura perfetta di un cerchio perfetto. Una straordinaria, formidabile, incredibile magìa.

 

“Never let that lonely monster take control of U”