mi ricordo che da un certo momento in poi, diciamo tre, due anni prima della fine, da un certo momento in poi, ogni volta che la domenica tornavo a casa dopo aver pranzato dalla nonna, ero immerso così immerso nel piacere di esser stato con lei, pranzato e bevuto vino che, tornando estatico a casa dopo averla salutata dal basso – lei al balcone, puntale, precisa sempre al momento del congedo visivo, mi domandavo: chissà quanto durerà ancora? Però me lo dicevo sapendo che me l’ero goduta (una volta in corso d’opera la raccontai anche a mio fratello), me l’ero goduta fino in fondo questa sensazione. la questione è che quando in quel momento lo pensi (chissà quanto durerà ancora), non pensi veramente che possa finire o meglio, non pensi che comunque la settimana dopo possa finire, sai intimamente – mentre lo pensi – che avrai sicuramente un’altra occasione, un’altra situazione così, tra giusto 7 giorni. Poi passano gli anni, tutto finisce eppure tu, magari, in una domenica di fine maggio, ti ritrovi a passare sotto casa della nonna, alle due del pomeriggio di una domenica a caso, magari per buttare l’immondizia, e ti ricordi di tutto, e ti ricordi di questa cosa, e pensi ad un unico pensiero: a questo ricordo, ed al fatto che vorresti provarlo per un’ultima volta.. . poi però comprendi meglio il tuo sentimento, comprendi meglio che quando scendevi da casa della nonna, la salutavi e ti dicevi “chissà quanto ancora durerà” era giusto così, giusto immaginare che ci sarebbe stata un’altra volta ancora. e capisci che tutto rientra nell’ordine naturale delle cose, l’ordine naturale ed amorevole delle cose e del ricordo, e che se tu avessi saputo che quella era l’ultima volta che vivevi quella situazione saresti stato male e non l’avresti vissuta e goduta come tutte le volte in cui lo hai fatto, fino alla fine, che fu inconsapevole. e sai pure che ora è giusto così: che tu pensi che ti piacerebbe riviverla ancora una volta, una sola volta; e che è bene, è giusto, in un certo modo è meraviglioso che non lo si possa fare più, se non nel ricordo. è che questo è il lascito più bello che una grande persona mi ha consegnato, oggi, e finché potrò ricordarlo e ricordarmi di quel che provavo e dicevo e pensavo e vivevo – e come mi emozionavo, ubriaco di vino e di amore condiviso – quando la salutavo, lei dal balcone, io appena fuori il casello, giù in strada, felice come un bambino, ebbene questo resterà come il più bel segreto condiviso tra due persone che fisicamente non sono più qui, lì, in quella casa, in una qualunque domenica della nostra vita, magari di maggio, proprio oggi che è maggio, e questo mio che è un omaggio, e mi struggo e mi compiaccio, e mi sento bene, bene fino alle lacrime, e così sia, nonna mia: ovunque e qualunque sia l’autocoscienza di novitazione lungo la quale percorrerai la tua rinnovata via.

Vecchioleviatano 2020