Tutta l’umana esperienza della maggior parte della quasi totalità degli individui viventi e vissuti può essere riassunta dai seguenti tre capisaldi.

Il primo (che potremmo identificare con l’espressione tipica di buon senso “l’erba del vicino è sempre più verde”) secondo cui tutto ciò che non possediamo viene visto come qualcosa di costantemente preferibile, migliore, più appetibile e più desiderabile di ciò che possediamo. Quotidianamente aspiriamo ad ottenere cose diverse da ciò che abbiamo, riponendo in questa aspettativa tutta la nostra drammatica felicità.

Questo caposaldo ha in sé un elemento di contraddizione tipicamente umano, poiché tutti noi sappiamo, per esperienza, che nessuna cosa, nessuna persona, nessuna situazione, una volta da noi sperimentata e vissuta, appare così appagante e perfetta rispetto a come la si era immaginata quando non la si possedeva e non la si godeva. Tutto ciò che viviamo è infinitamente più modesto di come lo avevamo immaginato. Questa constatazione deriva da un secondo caposaldo e si lega al terzo: il secondo caposaldo, che accomuna ed unisce in un unico disegno i tre elementi presi in considerazione, attraverso una sintesi che tutto permea, è quello dell’illusione: sappiamo che niente potrà soddisfare la nostra insoddisfazione ma continuiamo a desiderare cose e persone e situazioni ed esperienze che non abbiamo, perché ci illudiamo che possano renderci felici, pur sapendo che la realtà ha sempre smentito questa illusione. Pertanto, è giusto dire che l’illusione è molto più reale della realtà. O anche che: l’illusione è la sola realtà.

Ciò introduce il terzo caposaldo: che per quanto ogni nostra esperienza, ogni nostro passaggio attraverso la realtà delle esperienze smentisca quella illusione, il nostro animo insoddisfatto continuerà a desiderare cose che non abbiamo, e continuerà a perpetrare quell’inganno e quello sbaglio, pur sapendo che è un errore (e in questo senso si badi che “è impossibile mentire a se stessi: chi per sé afferma il contrario mente a se stesso”- citazione da Aforismi Leviatani). Il terzo caposaldo è dunque una prolungamento ed un capovolgimento di un’altra espressione di tipico senso comune, cioè che “sbagliando si impara”. Vero, ma cosa si impara? Sbagliando si impara a sbagliare in modi e forme diverse.

Desideriamo cose diverse illudendoci che possano donarci felicità ma sapendo che così non sarà, perseverando in questo (finto) errore dell’esperienza e del desiderio senza trarre alcun insegnamento per la volta successiva, il ciclo seguente di desiderio-illusione-sbaglio/abbaglio (era per la rima).

Tutto ciò accade perché solamente in un continuo alternarsi di illusioni, delusioni e consapevoli errori, la nostra realtà acquisisce un senso, quale che sia. Che è poi l’unico che può assumere, se non si fosse ancora capito: quello dell’Illusione Perenne.

VECCHIOLEVIATANO 2017