Eye

io sono un poeta e un filosofo: è un dato di mio fatto, non un titolo di merito.

ognuno si riconosca per quel che è.
questo è per me, inconfutabile da alcunché, e contraddittorio per chi scrisse che il necessario era nella non definizione di sé, ma tant'è.
è un dato di fatto, non di idee.
e zitto me.
Ora ad esempio bisognerebbe parlare del fatto che non dormendo la notte si pensano cose veramente fantastiche, ed utilizzo l'ultimo aggettivo in modo improprio perchè è il primo che mi è venuto in mente: e questa è proprio la magia del pensar di notte, che pensi le prime cose che ti passano per la testa e crei sorprendenti opere d'arte minimale, ma così intensamente….umane?!
non c'è dolore non c'è rumore, né mediazione né compromesso.
l'ultima barriera che ci separa dal mondo della trasmissione radiotelepatica, barriera superabile nel giro di pochi decenni, è costituita dalla realizzazione di un sistema neuronico virtuale in grado di non limitarsi a registrare le aree cerebrali che si attivano al manifestarsi del pensiero, ma a tradurne anche il linguaggio – dico i segni ed i codici.
Se io penso agli imponenti edifici nelle distese enormi di mondi lontanissimi, mi si deve riprodurre questa espressione verbale, non un'accensione cerebrale indistinta nei contenuti ma definita spaziotemporalmente.
si arriverà, e per fortuna io non ci sarò.
 
sono legato ad un'idea precisa dello stato delle cose, un'idea precisa che si raggiunge ad un momento particolare del cammino, che è paragonabile alla mattina successiva alla morte di una persona cara. La mattina che guardi un brevissimo raggio di sole (brevissimo è quanto ti appare agli occhi della coscienza perchè tutto procede ad una velocità interiore rallentata ed eterna, ma poiché non sappiamo né possiamo rappresentarci l'eternità in quanto razza finita, siamo costretti a "sentirlo" breve, per paradosso e contrappasso. è il solito trucco amoroso della coscienza ingegnosa e illusoria: quello invece è il momento più lungo della tua vita, ed in più è tutto gratis) ed inclini la vista a 45 gradi.
questo, sia chiaro, non è un fare poesia nè filosofia né un né qualunque, che ricorda i pianti dei bambini.
questo è il modo in cui potrei passare il resto dei miei giorni a scrivere, allo stesso modo in cui passo il resto di alcune mie notti insonni a pensare, con le ginocchia che si sfregano in posizione fetale.
io voglio dire questo: non c'è niente al mondo che può renderti felice, al di fuori di te stesso e della tua testa. in più, io sono una persona, e poeta e filosofo e blabla, che per manifesta dignitosa resa non crede nell'agire, o ci crede solo per parodiare (se stessi: me stesso). La parodia non è cattiva, la parodia è un gesto di calorosa compassione. La compassione può essere fredda, cioè?
La parodia è quando ripeti una parola all'infinito e quel suono ad un dato momento finisce di avere un senso. Ecco: quello è il punto da raggiungere – e come vedi si torna sempre alla parola parola.
Perchè io non posso farci niente, ma tutto il significato di una vita resterà sempre racchiuso nella sola, imprescindibile, personalissima espressione personale. E torno, ri-torno, ritornello – mi ricito, mi recito – a Kafka: in teoria vi è una perfetta possibilità di felicità: credere all'indistruttibile in noi e non aspirare a raggiungerlo.
La grandezza di Kafka è seconda solo alla mia, perchè se Lui ha segnato la strada, io ne capisco il significato preciso in questo momento, cosa che a lui adesso è negata, e lo estendo a cerchi che si racchiudono l'un l'altro verso un universo ancora più ampio, applicato al contesto di 100 anni dopo (1000, in termini di tecnologìa), e riesco a fondere tutto dentro la mia testa, inesprimibile.
Tutta la filosofia del Leviatano è stata preceduta da altri profeti di tutti i secoli, e poiché non sono minimamente hegeliano da credere che il mondo si rappresenti e si concluda in essa, ad eternazione sua perenne, qui, oggi, l'hegel che preferisco è quello cantato da quell'altro Santo che aveva capito tutto.
Ma la conclusione quale sarebbe?
Ok:
 
"È dolce, quando sul vasto mare i venti sconvolgono le acque, guardare dalla terra alla grande fatica altrui; non perché sia un dolce piacere il tormento di qualcuno, ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia privo. Dolce è anche contemplare i grandi scontri di guerra schierati nella pianura senza che tu prendi parte al pericolo. Ma nulla è più piacevole che star saldo sugli alti spazi sereni, ben fortificati dalla dottrina dei sapienti, da dove tu possa guardare dall’alto gli altri, e vederli errare qua e là e cercare smarriti la via della vita, gareggiare d'ingegno, rivaleggiare in nobiltà di sangue, e sforzarsi notte e giorno con instancabile attività per assurgere ad una grande ricchezza e impadronirsi del potere. O misere menti degli uomini, o petti ciechi! In che tenebre di vita e tra quanto grandi pericoli si trascorre questa vita, qualunque essa sia! E come non vedere che la natura nient’altro reclama per sé, se non che il dolore sia rimosso e sia assente dal corpo, e nell’anima essa goda di una piacevole sensazione, priva di affanno e di timore?"
 
Parole scritte da Lucrezio circa 2100 anni fa.
La mia profondità raggiunge vette inespresse, ma perchè è mia non perchè sia così profonda rispetto ad un'altra – minimo o massimo comun denominatore comunemente riconosciuto.
Quindi, giovarmi da ignorante del fatto di trovare a ritroso in tutti tempi trascorsi, le parole non dette e i pensieri notturni pensati che io uso oggi, da ignorante e per conto mio, è segno che io sono figlio di costoro e che il tempo è l'ennesima illusione beffarda (e con esso le macchine, la tastiera, il pc, il denaro ed il weeeeb)?
La musica di oggi è figlia del blues, che è figlio di questo o di quell'altro: ascolta i Who o Bowie, e ci ritrovi tutto il grunge anni '90 che produsse Seattle.
Allora la verità è che io sono figlio dei millenni, ed intendo io Leviatano che scrive qui, non il tale – se esiste – che pensa dietro.
Nel momento in cui capisci questo, hai capito un pezzo decisivo del mosaico.
 
Ma, e chiudo: per quanto resti fermo dell'idea – la certezza – che non nascere sarebbe stato meglio, non potrò mai rammaricarmi di trovarmi nei miei panni.
Per la rima da poeta, e per la filosofia del paradosso racchiusa in esso (altra rima con forzatura del genere)
Perchè "non deve avere un senso, ma solo un breve assenso", l'aforisma che racchiude tutte le cose di tutti i tempi e per ogni tipo di argomento ("i freudiani con Zelig ci andavano a nozze:  per essi, infatti, Zelig simboleggiava…ogni cosa), non l'ha scritto Kafka, ma ME.
E pure senza assenso, ha un senso ancor più intenso.