Category: Musica Poesia Racconti


Mio fratello irruppe nella stanza, io videogiocavo sul soppalco dando le spalle alla tv che trasmetteva la corsa rosa, e mi disse: “Dario, è successa una tragedia…. è morto Massimo Troisi”. Di lì ad un’oretta, nel lutto assoluto, un giovane di belle speranze vinceva per la prima volta una tappa al Giro d’Italia, salvo bissare il giorno dopo nella Merano-Aprica, con un’epica cavalcata sul Mortirolo…. Era ora, 25 anni fa a quest’ora circa, esattamente. Un’Amore moriva – letteralmente, un’Amore nasceva: contestualmente. Incredibile ma vero, anzi: incredibile ma incredibile. Eppure fu.

Marco e Massimo sempre con Me.

    dovresti prenderla così, ere ed ere di sere a bere e non c’era niente da carpire, io ero sempre stata qui – con te,

dovevo solo venire fuori, ed adesso lo faccio spesso, quasi sempre, come un mantra, un ritornello, ovunque tu sia,

in sprezzo del ridicolo, del tuo assurdo posticcio silenzio,

il sanguinamento dell’orecchio, il tuo specchio.

Per questo mi scrivesti, per questo mi cantasti – stonato.

Con te, da quando son nato: La Eco di Me

Manifesto numero uno:

“mentre giorno per giorno, anno per anno, continuavo a domandarmi cosa potessi e volessi mai fare da adulto, la mia vita adulta avanzò, mi raggiunse e mi superò, quasi senza che io me ne rendessi conto. A quel punto, più giovane di essa, la scelta su cosa fare ed essere mi si impose quasi naturale”.

Manifesto numero due:

“il peso dei miei pensieri, punto. quante volte ho desiderato non pensare a nulla, i momenti di massima gioia e di massimo dolore: fermare la pesantezza del vorticare dei miei pensieri, penso.
Penso: sono miei pensieri, il frutto del mio pensare, dipendono da me, posso fermarli, cessarli. Posso smettere di pensare.
E: se non ci riesco, e se i miei pensieri procedono oltre me, oltre la mia volontà, pensieri che prescindono da me, tutt’intorno a me, se ne fregano di me, e beh: allora, vuol dire che non sono loro i miei pensieri, ma che sono io i loro pensieri. Ripeto: sono io i loro pensieri, non loro i miei pensieri. Problema superato, problema ribaltato su di essi. Almeno credo.
Almeno questo è il mio pensiero”.

Manifesto numero 3:

“Per me, parlare delle parole con le parole, è come per i greci quando parlavano degli dei”.

Sintesi finale:

Sono passato da un palindromo all’altro: “o ira di dario” si è trasformato ne: “i re di sé: desideri”.
Era solamente la stessa cosa: io parlo solo quando scrivo. Fattene una ragione. O fattene un torto.

O metti una virgola. Ma non omettere l’amore:

Mi ero illuso di non avere più paure, ma era solo la paura di non avere più illusioni.

Buon anno

SETTEMBRE 2018

Mi ero illuso di non avere più paure.
Ma era solo la paura di non avere più illusioni.

“Lascio tutto a te, dille del mio amore”

Usate fino all’usura
mai rese al mio usuraio
ma assorbite fino all’arsura
come sale fino su lingua:

parole

anagrammo e le apro
per guardarmi dentro
rianagrammo e le paro
ma mi segnano dentro:
in vantaggio le preparo
poi fuggendole tal che paro lepre:
che traduco me stesso
solamente tradendo
sol traendo da mente
una nuova illusione.

Anno passato a scrivere:
poesie racconti
aforismi resoconti
testamenti proponimenti
menzogne infingimenti
confessioni riflessioni
liste di spesa
viste di sposa
castelli in aria
soggetti in acqua
film sulla sabbia
lettere rabbia
satire a fuoco
ode all’amico
retoriche pletoriche
armoniche distoniche
ieratiche stilistiche
plastiche mistiche
perdenti cioè mastiche
slegate con il mastice

parole svelate
e parole coperte
da farci un po’ caldo
quando solo a me saldo.

Stanco

devo fare il bilancio perché son bilancia
me che non cerco oroscopo
e non scopro ora
che lo scopo è l’orale
che scritto si imprime
per imprinting universale
cioè mio personale.

Finale:

tutte le mie
parole
per magia
riunite
in un solo pensiero
questo (tuo)
di chi legge
ora qui

è la mia legge
è già leggenda
e finchè regge
è leggenDario

IMG_1820

Non riuscirò a far salire la temperatura dell’acqua
della vasca da bagno
fino al punto da costringermi ad uscirvi prima delle ustioni
vincendo il freddo del fuori
e non ci riuscirò
perché i miei pensieri sono più veloci
dell’acqua che scorre
e molto più freddi
e questo in un certo modo riconduce il tutto ad una specie di equilibrio
cosmico globale
ed io, appartenendovi
potrei logicamente beneficiare di questo equo principio fisico
ma cado
dentro la vasca
dei miei pensieri

e non ne uscirò.

il mio solito diavolo custode
lungo il corso
recitò una filastrocca assai stupidella
sul 2016
con i soliti giochi di parole
una cosa del tipo
“se dici”
– sedici –
dici
“se”
al tuo sé
un anno cioè
pieno di sedicenti dubbi

al diavolo custode
diavolo! – muto esclamai
sediziosa quest’ode – canzonai
il diavolo
volò
si ch’era un angelo –

pensai.

davanti allo specchio
la disperazione è solo assenza di speranza
quindi a suo modo benevola:
un sorriso lungo un attimo
che varrebbe un intero anno
è un piacevole inganno
la riflessione fu un’illuminazione
mentire a se stessi è possibile

non lo spero ma lo specchio

per lungo tempo ho creduto
che arrivare a me stesso
significasse approdare alla terra promessa
dopo un lungo peregrinare
per mare

ed invece la storia
era il suo esatto opposto
il mio posto era giusto
in quel costante naufragare
e quel mio stolto errare
sia vagare o sbagliare
era solo dovuto
a un errore nella lettura delle istruzioni
fatali distrazioni
e conseguente distruzione
di illusioni.

e alla fine quando acqua, dubbi, angeli, specchi, naufraghi ed errori
si riunirono (questo accadde nella vita successiva)
il me che venne, alla ricerca delle nostre
precedenti infinite esistenze
digitò la parola chiave
nel motore “dio ricerca”
per scovare nell’universo della rete
tracce a(na)tomiche di entrambi moltiplicati per enne.

Poiché la memoria affievolisce
più e più
cercala anche tu
la mia singolarità
in un punto preciso
della foto lassù.

Stanotte mentre dormivo
le mie parole mi han telefonato
per chiedere se ci fosse
qualcosa di sbagliato:
se dovessero temere
il mio assordante silenzio
più che le mie
– quindi Loro –
non tenere parole

In quel momento ho compreso
che tutto è in me compreso
nel senso: compresso al punto che
si ignori o si comprenda
pur complesso
comunque c’è

Comunicazione avviata
senza fiatare:
con tale fare
ho messo a stendere
quel presunto vociare
su questa musica
rubatami dall’anima
in piena notte
di luna piena

Tutto è successo
come fosse una fiaba:
c’era una volta…
Ed in quell’istante
la volta è diventata celeste
si è illuminata
come la pila di volta

E questa mia condotta
è stata la chiave di volta
per ricondurre
a letto
le mie parole

Più mute di me
con im-mutato affetto

Un sogno perfetto.

Ogni anno mi chiedo
cosa mai mi dirò
a fine mese di fine anno solido
cioè spesso, ma non il solito
Seduto come fossi il presidente
di una repubblica assai privata
con un unico re
Me
senza poderi.

è che si giunge ad
un tale livello di pensieri
insostenibili, insopprimibili, inesauribili
ad una dimensione dello spirito
senza soste senza sintesi senza sonno
che la scelta
la sola
da fare
è imposta
come una tassa da pagare
a quel re
che ti apre la porta
e ti porta via tutto.

Allora ecco: la mancanza di parole
diventa una difesa apparente
contro il timore
o la speranza
che quelle parole non siano mai
comprese
dagli altri.

La bellezza di un momento
pieno di tutto e di nulla
sta in ciò:
non devi fare
non devi comunicare
non c’è più niente da capire

Devi conoscerlo
e basta

Un altro anno è passato
e non ho ancora imparato
ad insegnare a chi non vuol capire
che un anno o forse venti
passa tutti i giorni santi

In questo anno non ho imparato ancora
a crescere i miei figli viziati
né a ritenere la razza umana superiore
a tutte le specie viventi
e ancora non ho imparato a considerare
competizione e concorrenza
come base della sopravvivenza

Non ho imparato ancora
a vincere uno scudetto
né a perdere le mie illusioni
mentre ridacchiando risalgo quei gradoni

Non ho imparato ancora a sposarmi con tutte le dive
né a considerare distruttive
le dolci abitudini
del quotidiano accasarmi
e non ho imparato – meschino
a fare i conti senza l’oste
e quindi a preferire senza soste l’ostia al vino

Non ho imparato a telefonare agli affetti di anni
e nemmeno a far mancar loro un pensiero d’oro
nelle mie notti insonni

Non ho imparato ancora a suonare uno strumento
né ad apprezzare oltre modo e senza fiatare, un silenzio
non ho imparato a pensarmi al centro del mondo in un social contenitore
né a disprezzare le mie visioni solitarie di piacere

In quest’anno ancora non ho imparato
a guardare l’altro occhio nell’occhio
né ad essere solo me stesso
quando mi parla come allo specchio

Non ho imparato ancora
a condannarmi del tutto
né a capire se c’è un momento
in cui l’altro fa a se stesso un processo

Non ho imparato ancora ad amare
nel modo che, dice, s’ha da fare
le cose dolci e quelle più amare
mi rendono isola in mezzo al mare
né il compromesso ho imparato ancora
che non mi pianga e mi faccia urlare

In questo anno non ho imparato
minimamente a dimenticare
lasciare morire lasciar cadere
famoso oblìo di menti  care

non ho imparato a giocare a poker
né a non bleffare nel mio reale
non ho imparato a svelar segreti
inconfessati violenti e lieti

e quante cose non ho imparato
che sia distinguere Klimt o Schiele
capolavori da spazzatura
seriosità o caricatura
la tolleranza e l’insofferenza
il cibo sano dalla schifezza
la forza sana e la debolezza
non ho imparato a non mentire
né a dimostrare troppa schiettezza
odiar retorica e scriverne a fiumi
e non ho imparato a non convertire
il mio pensiero in parole inutili
per tutti gli anni dario-campati
son stato il re dei disimparati

In questo anno che va a finire
la sola cosa che ho ben compreso
non imparando un mucchio di vite
è che non si finisce mai di ignorare
e proseguendo su questa strada
il mio cammino non può aver limite

Dedicata sinceramente e totalmente a tutte le persone che mi vogliono bene. 

VecchioLeviatano 2013

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Si è aperta una nuova era
è cominciata la quinta stagione
la pioggia è salita dalla terra sulle nuvole
il sole freddo tramontò all’alba e rinacque al tramonto
le foglie ritornarono sui rami ed i rami misero radici nel terreno
il calabrone scese verso il basso e le lucertole cominciarono a volare
i pesci non abboccarono più all’amo e si consegnarono alle reti
gli uomini ingabbiati cinguettarono mentre gli uccelli li osservavano liberi
i cani portarono a passeggio i loro padroni al guinzaglio
le montagne scesero giù e le pianure si inerpicarono
non politica, non sociale, non finanza né economia
fu della natura la prima notizia
su giornali che non si pubblicarono
le donne ingravidarono gli uomini
e furono i bambini a dare regole agli adulti
gli arcobaleni formarono un quadrato
subito dopo il tuonare del mare
la luna rischiarò le giornate
i sassi risero e il sangue rimarginò le ferite
i poveri sfamarono i ricchi
gli occhi parlarono, le bocche toccarono
i nasi ascoltarono le orecchie assaggiarono
le mani impugnarono pistole che spararono all’incontrario
atti di giustizia furono perseguiti
ma una mela rimise i peccati del mondo
tutti credettero di credere
che l’altro venisse prima dell’uno
e che l’oltre venisse dopo la coltre”.

Così mi scrisse, nato vecchio e partito giovane
il povero matto che ormai parlava
soltanto dea morte

Un omaggio a luglio
con 2 mesi di ritardo
o d’anticipo perchè

“preferisco essere un uomo paradossale
che un uomo con dei pregiudizi”.

Quel giorno, il mio editore di riferimento mi chiese un pezzo per l’ultimo dell’anno.
Petto o coscia? – risposi.
E poi aggiunsi che io di solito non ragiono a pezzi, ma tutto intero.
Ed è così che si finisce a pezzi – dentro.
E che poi le parole, non si fanno lievi e leggère
E non aiutano a lèggere.
Che, compìto
nel solito compitino di trovar pensieri
tra le rovine
e le moine
di una cultura
sterminata
e spesi spesso a spasso
tra tramonti
e matrimoni
patrimoni
d’affetti
e d’affettati
Innaffiati
da vino
scolato in Coppe
d’esultanze
rimostranze
alle mie stanze – illustrate
Mentre passano lustri
Mentre lastrico la strada
di passi
e di passioni
e paesaggi – lunari.

Tu menti – mi rispose.
Non sono io, è la mia: mente – risposi.

Ci risposammo, facemmo pace.

Fu in quel momento che il mio editore
sentì che i nostri silenzi comunicavano.
E capì che il silenzio non è un difetto di parole
ma di Volontà.
E che a volte io dico cose che non sapevo di pensare
perché penso cose che non avrei detto di sapere o saper dire.
Come questa, come adesso
Come sempre
Come me.

Essi lo sanno che non lo preferisco – oh, il respiro !?
ma come fare ad osannare chi ostenta il sapere?
E quando quel sapere
perde il sapore
e diventa un seppure?
eppur chi osa chiosa o chi osa tenta?
La tentazione è deliziosa
nascondiglio prudente
di pruderie si-lenti
mappur veloci
come questi anni
feroci voraci
veraci e indolenti.
Perchè non lo preferisco?
Voi lo sapete
io non lo proferisco.
Ho scritto parole al vento
che nel tempo diventa di venti volte tanto
quanto basta per farci la festa
tagliarmi la lingua
la testa la musica orchestra.
No, non rimpiango
no, non rimordo
il ricordo non è ciò che è stato
ma ciò che non si è avuto
il coraggio di essere.
io spaurato, io scoraggiato
ho avuto il coraggio
di non correggere quella mancanza
di arrembaggio
e non sono in niente diverso
da ciò che non sarei stato
in quanto non stato
che sia au-tunnel d’inverno
o vera e prima d’estate.
Ecco perchè
non ho ricordi
le immagini
immagino mi servano
a dare sostanza
alla canzone
occhio
al cieco in una stanza
voce cioè
a chi ne fa le veci
u-dito
a chi non ha le mani, tatto
a chi è un poco tocco
olfatto per sentire
e a naso presentisco
che l’olfarò – ancora.
2011:
non prego per te,
Praga tu per me
e versaci da bene
che non lo preferisco
eppur ti voglio Bere.
Noiati?
Finito!
A un passo da……

E poichè è l’ultimo anno – spacchiamo tutto!
Tutti e 10 anni in una botta!

2001-2004:

2005-2008:

2009:

2010:

Powered by WordPress. Theme: Motion by 85ideas. .